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TB: una sfida che richiede cura e costanza

In Africa la tubercolosi è ancora una malattia che causa numerose vittime, 1,4 milioni solo nel 2019 (OMS). Ma non tutte le storie hanno un finale inevitabile.

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    In occidente, sentire la parola tubercolosi non genera molta paura, se curata poi tempestivamente e con le indicazioni adeguate non viene nemmeno percepita come una malattia seria. Questo purtroppo è un “privilegio” che riguarda pochi.

    In Africa la tubercolosi è ancora una malattia che causa numerose vittime, 1,4 milioni nel 2019. Solo in Uganda ogni anno si registrano 89.000 nuovi casi di cui 6.176 nella regione della Karamoja (OMS). Ma non tutte le storie hanno un finale inevitabile. Medici con l’Africa Cuamm si impegna per offrire cure e conoscenze a chi ha bisogno, anche nei posti più remoti, come nel caso di Ochan Richard, ex soldato della Forza di Difesa Popolare dell’Uganda. Ochan, 50 anni già affetto da HIV, ha avuto una prima diagnosi di TB nel 2011, aggravatasi in tubercolosi multi-resistente qualche anno dopo. La tubercolosi è tra le maggiori cause di morte per i pazienti malati di HIV che con l’indebolimento progressivo del loro sistema immunitario contraggono la malattia più facilmente e spesso con risvolti letali se non curata.

    La storia di Ochan, che sembrava avere un finale scritto, è cambiata quando è arrivato all’ospedale di St. Kizito Matany nel distretto di Napak in Karamoja. Dopo molti anni di trattamenti interrotti per esigenze lavorative e per difficoltà nel procurarsi i medicinali necessari, Ochan è finalmente riuscito ad avere accesso alle cure di cui aveva bisogno grazie anche all’incoraggiamento della sua famiglia che lo ha spinto a cercare aiuto all’Ospedale di Matany nonostante la distanza da casa sua. Un percorso di 75 km pieno di speranze che gli hanno ridato la fiducia in una vita ancora lunga.

    Dopo due mesi è stato dimesso ed accompagnato personalmente a casa dal team ospedaliero Cuamm specializzato sulla tubercolosi che si è occupato di sensibilizzare la famiglia e l’intera comunità sui segnali e sui sintomi della tubercolosi, su come si sviluppa, sul trattamento necessario e infine su come evitare la sua diffusione.

    “Lo stesso giorno in cui sono tornato a casa, la mia famiglia e alcuni membri della comunità sono stati controllati ed erano tutti sani.” – ha detto Ochan, aggiungendo poi – “Sono profondamente grato al personale ospedaliero di Matany e allo staff Cuamm, per tutti gli sforzi che hanno fatto per salvare la mia vita e quella di tanti altri. Tutte le volte che torno per il trattamento, sono sicuro di avere il rimborso per i trasporti e i pasti, e data la mia situazione è un grandissimo incentivo per poter continuare le cure regolarmente”.

    ochan

    Una storia simile a quella di Santos, 32 anni, a cui è stata diagnosticata la tubercolosi multi-resistente. Dopo numerose interruzioni delle cure, in cui saltare anche un solo giorno di trattamento significa ogni volta ricominciare da capo, Santos aveva deciso di abbandonarsi al suo destino e lasciare l’ospedale di Kotido in cui era in cura.

    “Ho lasciato l’ospedale e sono andato a stare da mia sorella maggiore, Martha. Appena arrivato a casa sua, la mia tosse e le mie condizioni di salute non hanno fatto che peggiorare. Così Martha ha insistito affinché ritornassi in ospedale dove mi hanno visitato e diagnosticato la tubercolosi multi-resistente. I medici hanno contattato immediatamente l’ospedale di Matany l’unico istituto specializzato in tale malattia ed in grado di offrire delle cure ed un sostegno adeguato dove sono stato trasportato e ricoverato dal team di Medici con Africa Cuamm”, racconta Santos.

    Dopo un mese e mezzo di trattamento Santos non sopportava più le iniezioni di kanamicina che gli venivano somministrate giornalmente ed è scappato dall’ospedale tornando nel suo villaggio. Victor, il funzionario regionale di Cuamm non si è dato per vinto ed è andato a casa sua convincendolo a non arrendersi e a riprendere il trattamento.

    Nonostante la tubercolosi sia ancora una malattia mortale in Africa, all’ospedale di Matany c’è la speranza di una cura e di un trattamento adeguato, che non si limita alla somministrazione dei farmaci necessari ma offre l’opportunità di essere seguiti dal personale medico con dedizione, ed essere accompagnati nella comprensione ed accettazione della propria malattia.

    Queste storie a lieto fine sono state rese possibili grazie all’intervento in Karamoja per migliorare la qualità dei servizi per la diagnosi e il trattamento della tubercolosi e della tb farmacoresistente, in particolare nell’ambito dei progetti: “It’s Good Tb Free! Project to contribute to a TB Free Uganda by 2020” finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo nel quadro della spesa per assistenza tecnica al Fondo globale per la lotta all’Aids, alla tubercolosi e alla malaria e realizzato da Medici con l’Africa Cuamm in partnership con l’Università degli Studi di Milano e l’Università di Makerere, e del progetto “Supporto all’Ospedale St.Kizito di Matany e al distretto di Napak nella Regione della Karamoja” finanziato da Fondation Assistance Internationale (FAI).