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In moto per raggiungere “l’ultimo miglio”

Si è conclusa da pochi giorni una missione speciale che ha portato alcuni amici del gruppo “In moto con l’Africa” in Uganda, a toccare con mano l’utilità delle moto, davvero l’unico mezzo che riesce a raggiungere l’ultimo miglio del sistema sanitario.

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    Tempo di vacanze, tempo di viaggi. Il viaggio che vi proponiamo ci porta in Uganda, a visitare due aree, la Karamoja e l’Oyam, con amici speciali. Oltre 1.600 chilometri percorsi in pochi giorni possono sembrare poca cosa per chi ama viaggiare, ma diventano molti di più se fatti su strade rosse africane, e soprattutto, se si compiono parte in auto e parte in moto. «Non è tanto la distanza coperta, quanto il tempo impiegato. Per fare 50 chilometri di piste africane in moto, ci si mette 2 ore circa. I tempi si allungano, rallenti per evitare le buche e ridurre gli scossoni, percorri strade, le single track, su cui le jeep non possono andare». Michele Orlando, diIn moto con l’Africa” racconta questa missione che lo ha portato in Uganda, insieme ad altri componenti e amici del gruppo di appoggio.

    Prima tappa: Karamoja, una delle regioni più povere nel nord-est dell’Uganda. Seguendo la cartina geografica, da Kampala si sono spostati a Moroto. Da Moroto all’ospedale di Matany e da Matany al villaggio di Nakayot fino al centro di salute di Iriri. «Abbiamo fatto questo viaggio perché volevamo toccare con mano l’utilità delle moto nei progetti di salute del Cuamm. E ora possiamo testimoniare che davvero sono l’unico mezzo che può arrivare nell’ultimo miglio più sperduto – spiega Marco Visonà, membro del gruppo –. Quando in moto siamo arrivati a Nakayot, un piccolo villaggio a oltre 30 chilometri dal centro di salute di Iriri, abbiamo capito. Abbiamo visto quello che il Cuamm fa ogni mese. Con le moto, porta vaccini per i bambini, il necessario per gli screening per la nutrizione, per il controllo della malaria, le zanzariere. Il momento più emozionante è stato quando abbiamo caricato su due moto, due donne che dovevano andare a partorire nel centro di salute. La jeep non sarebbe stata in grado di percorrere quella pista, solo le moto, pian piano, evitando le buche ha potuto raggiungere il centro di salute. Il trasporto verso il centro sanitario è un tassello fondamentale della cura e con il gruppo “In Moto con l’Africa” cerchiamo di dare una mano a questo tassello».

     

     

    E precisa Michele Orlando: «Sono moto molto semplici, vengono prodotte in India e costano davvero poco, con 2.500 euro garantisci sia l’acquisto che la manutenzione e la benzina per il primo periodo. Hanno una sella allungata dove la donna sale di fianco e possono evitare buche e ridurre gli scossoni e i sobbalzi, per cui anche una donna in procinto di partorire riesce ad affrontare il viaggio, che in alternativa, dovrebbe fare a piedi».

    Fornire le moto e il carburante per il loro utilizzo in Africa, oltre che garantire la loro manutenzione, è proprio l’obiettivo di “In moto con l’Africa”, il gruppo di sostegno del Cuamm che ha mosso i primi passi nel 2020 con questo obiettivo e, in pochi anni, ha garantito l’acquisto di oltre 15 moto, oltre che tanti voucher per il trasporto di donne, attraverso diverse iniziative e proposte. Seguendo la linea del percorso, il gruppo ha proseguito per l’Oyam, regione al centro del paese, visitando oltre all’ospedale di Aber, diversi centri di salute e villaggi, oltre che una piccola scuola. Un lungo giro in moto, con una guida speciale, il dott. Giovanni Dall’Oglio, storico medico Cuamm impegnato in programmi di salute pubblica in Uganda che, tra le sue passioni, ha anche la moto.

    «Tantissima gente, proveniente da diversi villaggi, radunata sotto un albero, ci ha accolto con danze e canti. È stata una festa, e quando siamo passati con le moto in mezzo a questi bambini a cui brillavano gli occhi è stata una grande emozione», aggiunge Michele Orlando, commentando la seconda parte del viaggio e Marco Visonà precisa: «Saranno stati cento i ragazzi della scuola di Ogali che ci hanno accolto. Ci hanno mostrato dove fanno lezione, il piccolo dormitorio in cui dormono sulle stuoie, senza zanzariere, in un’area in cui la malaria colpisce molto. Il capo villaggio mi si è avvicinato e mi ha detto che se non ci fosse il Cuamm, nessuno arriverebbe nella loro piccola comunità. Il gruppo “In moto con l’Africa” si impegna a coprire proprio questo “ultimissimo miglio” del trasporto del malato, che abbiamo visto, è una componente indispensabile. La moto è una nostra grande passione. Con questo impegno, possiamo unire la passione con la solidarietà e l’aiuto. A uno sguardo superficiale potrebbe sembrare poca cosa nel mare immenso del bisogno che c’è in Africa, eppure abbiamo imparato che il “con l’Africa” è proprio questo. Come gruppo siamo “ostinatamente” impegnati a dare una mano a coprire questo ultimo miglio!».

     “Perché non dobbiamo lasciarli soli”. Leggi le riflessioni di Marco Visonà.

     

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