Medici con l'Africa Cuamm

la salute è un diritto,
battersi per il suo rispetto
è un dovere
DONA ORA Il tuo aiuto può fare la differenza

Partenze che insegnano JPO in Africa

Due JPO, Alessandra Barbieri e Dario Fontani, in due paesi diversi, Etiopia e Sierra Leone, raccontano la loro esperienza in Africa come medici.

Condividi con i tuoi amici:

    Da ormai quasi 20 anni il progetto Junior Project Officer (JPO) offre l’opportunità di svolgere 6 mesi di formazione teorico-pratica in Africa agli specializzandi che intendono prepararsi per un futuro impegno di cooperazione sanitaria internazionale e affrontare le sfide della salute globale nel proprio paese. Abbiamo chiesto a due JPO perché hanno scelto di partire che cosa si sono portati a casa da questa esperienza.

    Sono Alessandra Barbieri JPO in medicina interna a Wolisso in Etiopia e Dario Fontani JPO in medicina d’urgenza a Freetown in Sierra Leone

    Perché hai scelto di partire?

    A: “Da molto tempo desideravo fare sia una esperienza umana, sia come medico in un paese africano. Dal punto di vista personale credo che vedere con i propri occhi e rapportarsi con una cultura diversa, in particolare in un contesto a basse risorse, ci faccia ampliare le nostre prospettive, divenire meno egocentrici e più aperti all’altro. Lo stesso discorso vale dal punto di vista professionale. Come medico, credo sia formativo vedere che una parte di mondo, la maggior parte in realtà, ha una epidemiologia differente. Vedere che in Africa a farla da padrona sono patologie infettive potenzialmente prevenibili che ancora oggi determinano una mortalità nella popolazione giovane e infantile è inaccettabile.”

    D: “Per me venire in Africa faceva parte di un’idea che ho in testa da alcuni anni: come parte di un percorso formativo professionale e non. Sono partito alla fine di un anno orribile, e quando sono arrivato mi sono trovato nella capitale della Sierra Leone, una città caotica e confusionaria. Ho avuto il piacere di ritrovare il tempo della mia vita e di cambiare il mio punto di vista su quello che mi succedeva intorno.”

    Cosa ti ha insegnato e ti sta insegnando questa esperienza?

    A: “Dal punto di vista professionale, la capacità di riuscire a fare diagnosi non certe, con una bassa disponibilità di mezzi diagnostici, e dover fare scelte terapeutiche importanti senza avere certezze. Questa esperienza mi ha dato inoltre molta fiducia in me stessa e nella capacità di gestire situazioni nuove. Mi sono trovata ad affrontare patologie di cui non sapevo nulla (HIV, tubercolosi, pazienti pediatrici, parassitosi) ma attraverso lo studio e l’esperienza sul campo ho acquisito padronanza nel loro management, e questo è un approccio che porterò sempre con me in futuro.”

    D: “Una persona quando sono partito mi ha detto una cosa bellissima: se vai in Sierra Leone, in uno dei paesi più poveri del mondo e ti comporti in modo paternalista, sbagli. Questi mesi mi hanno dimostrato quanto fosse vero. È facile cadere nella trappola di provare a insegnare come si fa a vivere, come se lo sapessimo meglio. Il punto è che se cambia l’obiettivo cambia come affronti le cose e probabilmente non dovremmo essere sicuri di avere obiettivi migliori degli altri. Questa esperienza mi ha insegnato ancora una volta l’importanza di mettersi accanto, parlare, capire, avere pazienza e fare un passo verso gli altri per aprire una strada di dialogo e un possibile miglioramento.

    Ai miei colleghi consiglierei di farsi un’esperienza in Africa. Che poi, alla fine, ce ne sono tante di esperienze in Africa, tutte diverse, perché l’Africa è grande, e se te ne aspetto una poi te ne arriva un’altra e bene o male alla fine sei contento lo stesso.”

    Vuoi partire con il programma JPO? Scopri come fare