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La medicina dei sensi

La testimonianza di Stefania, JPO di ginecologia e ostetricia presso l’Università di Milano Bicocca, rientrata in Italia ad inizio marzo dopo 6 mesi di servizio a Tosamaganga, in Tanzania.

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    “La Tanzania è un paese che mi ha stupito tantissimo: è molto accogliente, le persone si dimostrano disponibili ad aiutarti per qualsiasi cosa. Prima di partire mi spaventava l’idea di dover vivere in un contesto che immaginavo poco sicuro, ma non è stato affatto così: essendo un paese con una situazione politica stabile da parecchi anni, la possibilità di uscire di casa in sicurezza non è mai mancata, tanto in villaggio quanto in città” – racconta Stefania, JPO di ginecologia e ostetricia presso l’Università di Milano Bicocca, rientrata in Italia ad inizio marzo dopo 6 mesi di servizio a Tosamaganga, in Tanzania.

    Durante gli anni dell’università Stefania aveva già trascorso due mesi in Cameroon facendo esperienza in sala parto. Poi in India dove si era occupata della parte infermieristica in un lebbrosario.

    “Quest’anno, essendo al 5° anno della specialità, avevo un occhio più critico, una maggiore consapevolezza ed attenzione verso la parte professionale – continua Stefania–. È stata un’esperienza incredibile: uno stimolo continuo, 14 ore al giorno. Ti confronti con situazioni estreme, hai poche risorse e riscopri una medicina più “umana”, più di contatto rispetto a quella che si pratica in Italia”.

    Spesso qui ci si perde negli adempimenti della burocrazia, oppure si ricorre subito ad esami strumentali mentre in Africa torna ad essere centrale la relazione con il paziente, la medicina dei sensi. “La semeiotica è una grandissima ricchezza, specialmente per la ginecologia e l’ostetricia – aggiunge Stefania –. Ho imparato tantissimo in questi mesi: saper ascoltare, saper interpretare le espressioni del volto delle donne, capire dalla clinica a che punto è il travaglio, etc. Dovremmo riscoprire anche qui questa dimensione dei sensi, che per l’ostetricia è fondamentale”.

    Fra i moltissimi insegnamenti di questi mesi spesi sul campo, Stefania ricorda la forza, la dignità e il coraggio con cui le persone affrontano la vita, in particolare le mamme di cui si prendeva cura in ospedale. Una vita in cui grandi gioie e immensi dolori si intrecciano ogni giorno e che proprio per questo deve essere presa con “leggerezza”. E poi la solidarietà che si respira, fra le mamme, ma anche fra il personale. “C’è grande collaborazione, si lavora fianco a fianco con il solo fine di lavorare nel migliore dei modi”.

    La stessa solidarietà e cooperazione che ha permesso di salvare la vita ad una giovane mamma che era stata riferita dal dispensario all’ospedale di Tosamaganga per un attacco eclamptico, una grave complicanza della gravidanza che può essere letale. “Arrivata all’ospedale la donna non manifestava segni di eclampsia– racconta Stefania – ma dopo qualche giorno ha avuto una crisi e abbiamo dovuto fare un cesareo d’urgenza. La situazione clinica non è migliorata dopo l’intervento e sono seguite molte altre crisi. È stato deciso di intubarla, nonostante ci fosse un unico ventilatore d’ossigeno per la sala operatoria in tutto l’ospedale, e poi ci siamo dati i turni per controllare le sue condizioni nella settimana successiva. Abbiamo provato una soddisfazione e un’emozione incredibile quando è stata estubata e si è ripresa completamente” – ha concluso Stefania. Una decisione dura ma davvero coraggiosa che ha permesso di salvare la vita della mamma e del suo piccolo che ora stanno bene.

    Oggi Stefania è tornata per concludere la specialità qui in Italia, seppur con il desiderio di rimanere ancora a Tosamaganga. Desiderio che un giorno, chissà, magari la riporterà proprio sul campo.