Un anno dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il Cuamm continua a portare aiuto con un intervento logistico-sanitario capillare che raggiunge 9 Oblast e 42 strutture sanitarie.
Un anno dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il Cuamm continua a portare aiuto con un intervento logistico-sanitario capillare che raggiunge 9 Oblast e 42 strutture sanitarie.
3 aprile – Arriva a Chisinau il primo medico Cuamm. A lui il compito di dare il via all’ambulatorio di prima assistenza sanitaria ai rifugiati del centro di accoglienza.
19 marzo – In questo tempo di vita sospesa, in cui le attività ordinarie sono bloccate e le giornate sono scandite dagli orari del coprifuoco, tutti si sono messi a disposizione per supportare la propria nazione e chi più ha bisogno.
16 marzo – Era mercoledì 16 marzo quando ho preso il volo verso la Romania. L’obiettivo era avvicinarsi più possibile all’Ucraina per andare a vedere e valutare come e dove potevamo intervenire.
8 aprile – La vita deve andare avanti. Tanti altri sfollati interni sono arrivati a Chernivsti e gli abitanti li accolgono e danno una mano come possono. C’è chi si occupa di ricevere e distribuire pacchi umanitari; c’è chi canta e suona per strada per alleggerire un po’, c’è chi raccoglie fondi per il proprio paese…
12 aprile – A un mese dal mio ultimo viaggio trovo una Chernivsti molto diversa. Lunghe file di persone che aspettano, con pazienza, un sacchetto di alimenti e prodotti per l’igiene. In silenzio, senza lamentarsi. Sono donne e bambini. Non parlano. Nei loro occhi si legge una profonda tristezza, oltre che grande rassegnazione.
17 marzo – L’impegno del Cuamm quindi, una volta ricevuto il via libera da parte del Ministero della Salute moldavo, sarà quello di supportare un centro di accoglienza gestito dalla Diocesi locale, con un ambulatorio mobile per dare una prima risposta sanitaria e alleggerire degli ospedali.
1- 7 marzo – Ricordo i primi giorni, all’inizio della guerra, come molto tesi. Tutti sentivamo che sarebbe successo qualcosa di tragico, e non era solo l’attenzione mediatica a dircelo, ma anche la consapevolezza che la guerra stava tornando in Europa, dopo quasi 30 anni dalla fine di quella in Bosnia.
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