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La vita “deve” andare avanti

8 aprile – La vita deve andare avanti. Tanti altri sfollati interni sono arrivati a Chernivsti e gli abitanti li accolgono e danno una mano come possono. C’è chi si occupa di ricevere e distribuire pacchi umanitari; c’è chi canta e suona per strada per alleggerire un po’, c’è chi raccoglie fondi per il proprio paese…

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    8 aprile – La vita a Chernivsti scorre, apparentemente, tranquilla. Nonostante alcune attività continuano ad essere aperte, come bar, ristoranti o negozi, si percepisce nell’aria una sensazione strana. In un normale giovedì pomeriggio di marzo la città è piena di gente. Sono i profughi, non hanno casa, non hanno lavoro e cercano una sorta di normalità, quasi illudendosi che una passeggiata in centro possa far dimenticare gli orrori della guerra. Natalia, nostro punto di riferimento di Vrb, mi conferma che la maggior parte delle persone che vedo in giro sono sfollati interni. «Non hanno niente da fare, sono scappati da casa loro sperando di tornarci presto e molte attività sono chiuse nelle loro città. Che altro possono fare se non passeggiare e provare a dimenticare, anche fosse per 10 minuti, ciò che hanno vissuto, ciò che hanno lasciato indietro?». E ha ragione. La vita deve andare avanti. Tanti altri sfollati interni danno una mano come possono. C’è chi si occupa di ricevere, smistare e inviare i pacchi umanitari; c’è chi canta e suona per strada; chi raccoglie soldi per il proprio paese. C’è chi passeggia e porta i bimbi a visitare l’università della città, patrimonio dell’Unesco. La vita non può che andare avanti, anche se la gente è stremata, intimorita e attonita. «Perché i russi, anzi, perché Putin, ci attacca? Ma ti sembra giusto? Noi non abbiamo fatto niente e c’è gente che muore. La guerra non fa altro che creare odio, sarà difficile ricominciare, far cicatrizzare le ferite». Mi viene in mente una frase che mi si è entrata dentro quando vivevo a Buenos Aires e frequentavo las madres e abuelas de Plaza de Mayo: “ni olvido, ni perdòn”. Non si potrà e non si dovrà dimenticare e sarà difficile perdonare atrocità simili. Ma in qualche modo si dovrà andare avanti, sperando che la guerra finisca presto, consapevoli che le ferite da essa create non potranno che essere ricucite che con l’amore, la pace e l’umanità. Solo ricordandoci che siamo tutti sorelle e fratelli che convivono nello stesso mondo e che l’umanità vince e vincerà su tutto. Questo quello che ho visto e sentito frequentando Natalia e Katharina in Ucraina, ma anche Anastasia e i suoi figli rifugiati da Odessa a Chisinau. La vita e l’amore vincono e vinceranno su tutto.

    Giovanna De Meneghi, Relazioni Internazionali

     

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