Medici con l'Africa Cuamm

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Una vita condivisa nella comune dedizione agli ultimi

Una testimonianza concreta, umile e coraggiosa. Un segno di speranza e fiducia in un futuro migliore. Ci viene da Ilaria Montani, infermiera, moglie di Flavio Bobbio specialista in Medicina 2 all’Ospedale Maggiore di Novara.

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    Una testimonianza concreta, umile e coraggiosa. Un segno di speranza e fiducia in un futuro migliore. Ci viene da Ilaria Montani, infermiera, moglie di Flavio Bobbio specialista in Medicina 2 all’Ospedale Maggiore di Novara. Una vita condivisa nella comune dedizione agli ultimi, dall’Italia all’Africa. Che riserva sorprese inaspettate.

    «Qualche giorno fa ho ascoltato il messaggio “Insieme in un unico abbraccio” che don Dante ha inviato a tutti noi. Volevo ringraziarlo per la sensibilità e profondità delle sue parole. Nel nostro quartiere Bicocca a Novara si trova anche il cimitero cittadino e il nostro parroco don Andrea ha accolto, benedetto e chiesto la preghiera di tutti noi per 60 salme arrivate da Bergamo perché “non c’era più posto”. Tutti questi momenti strazianti e tutti i giorni trascorsi in ospedale, un ospedale che si trasforma, impongono una riflessione continua e ti obbligano a riconoscere quanto l’Africa ci sia vicina e quanto ci ha insegnato. Durante questa emergenza ho visto nello sguardo di Flavio ciò che vedo durante le varie esperienze africane con il Cuamm e mi rendo conto di quanto qui in Italia siano risorse importantissime, la capacità di riorganizzare personale e reparto, prevedere l’evoluzione dei bisogni, scontrarsi con le direzioni sulle decisioni da prendere. Ho visto nei suoi occhi e lo sento in me il timore di affrontare ogni giorno il potenziale contagio, ma non vedo la paura ed il terrore che ho visto in tanti medici, infermieri ed operatori sanitari che in questo momento non aiuta ad affrontare nel migliore dei modi questa situazione. Semplicemente noi ci siamo sentiti più pronti.
    Nel pieno dell’epidemia novarese, a distanza di poche ore abbiamo ricevuto la telefonata di John dal Sud Sudan e Maliki dalla Tanzania, preoccupati per noi a causa delle notizie che giungevano dall’Italia. È stato un momento di grande gioia, un segno di solidarietà enorme: i paesi poveri che guardano con occhi diversi questa nostra ricca Italia che lascia trapelare la sua fragilità ed umanità. Il coronavirus ha scelto un bel periodo per farsi presente ci ha fatto vivere una vera quaresima, anche per la nostra Chiesa, essenziale, e speriamo che serva a tutti per il futuro».