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“Stare dall’altra parte” in Angola

La testimonianza di Ketty Schiavariello, rientrata a metà marzo a Roma, dopo sei mesi di servizio all’Ospedale di Chiulo come Jpo di Pediatria.

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    Chiulo: dove lockdown vuol dire carestia
    Ketty è rientrata a metà marzo a Roma, dopo sei mesi di servizio all’Ospedale di Chiulo come Jpo di Pediatria. Un rientro graduale spiega «perché ci sono i 14 giorni di quarantena obbligatoria e quindi non mi sono resa conto fin da subito di ciò che stava accadendo». Poi è rientrata al lavoro, ma con un pezzo di cuore ancora in Africa: «Continuo ad avere una doppia preoccupazione per la mia famiglia e l’Italia ma anche per Chiulo e per l’impatto che questa pandemia potrebbe avere lì e il panico che potrebbe generare».

    Stare dall’altra parte
    «Avendo vissuto a Chiulo le prime settimane in cui era stata conclamata la pandemia, ho capito cosa si prova a stare dal lato opposto, ad essere “il diverso”, a percepire la paura dello straniero che ero io. Alcune mamme, mentre camminavo in corridoio, mi puntavano il dito contro esclamando “coronavirus” e quindi il “bianco” che prima era visto come aiuto all’improvviso era visto come portatore del virus. La paura è stata percepita da tutti gli operatori sanitari che mi dicevano di non rientrare in Italia e che temevano che qualcuno arrivasse nel loro paese dall’Europa. Una situazione complessa anche come carico di lavoro».

    Misure restrittive difficili e con pesanti conseguenze
    «Stanno aumentando i casi anche in Angola e a Chiulo e questo sta accrescendo la paura fra i locali, che sono ben coscienti dei limiti che ci sono.  Manca spessissimo l’energia e non ci sono respiratori. Le misure restrittive che sta adottando l’Angola non hanno lo stesso impatto che hanno le nostre qui, dove l’isolamento è possibile rimanendo a casa. Nel Cunene le case sono capanne, le scuole sono state chiuse, non si può coltivare, il mercato è chiuso. Si è bloccato il paese e la gente ha chiesto prestiti per cercare di recuperare cibo in previsione di ciò che accadrà. Aumenteranno i casi di malnutrizione per il lockdown del paese, già altissimi a causa della siccità».

    Poter misurare i risultati
    «Sono arrivata a settembre con la “secca” e poi da dicembre le piogge hanno permesso di riprendere i raccolti, il territorio da arido è tornato verde, il bestiame si è ripreso. La natura ha ricominciato a fare il suo corso e abbiamo visto grandissimi risultati sul reparto di malnutriti, passato da 40 a 8 bambini ricoverati. Con l’arrivo delle piogge, sono aumentati gli accessi in pediatria per malaria, parassiti interiti; insomma resta un equilibrio precario».

    Una parola per dire Angola
    «È entù, il saluto mumbi della popolazione locale che ha tanti significati: è un buongiorno ma, al tempo stesso, è un grazie ogni volta che incontri i pazienti, le mamme anche in casa de espera. L’entù ti apre le porte al loro mondo, ti accolgono e ti abbracciano e ti fanno sentire immersa nella popolazione locale. Tu dai un piccolo contributo ma è indescrivibile la rivoluzione interna che quel posto e quella gente crea in te. Mi sono sentita a casa dal primo momento. Viaggiavo ma sentivo il bisogno di tornare a Chiulo perché mi mancava la gente. Non mi sentivo la straniera del posto. Nonostante le difficoltà della lingua mumbi, mi piaceva fare delle cose semplicissime, andare al mercato, andare alla casa de espera con le mamme, stare con i bambini. Mi hanno regalato galline, che è un grandissimo gesto perché fonte di vita».

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    Un’esperienza ancora tutta aperta…
    «Ancora non ho avuto modo di riprendere la mia vita “normale” e ora non si può nemmeno parlare di normalità. Ci penso sempre e stiamo vivendo quello che gli africani vivono quotidianamente: sentirsi dall’altro lato. Il “nostro” puntare il dito contro lo straniero…basta poco per diventare lo straniero e passare dall’altro lato. L’idea di ripartire è comunque nella mia testa perché serve, ti arricchisce ed è uno scambio reciproco. Ti apre molto di più a quello che affronti quotidianamente nella nostra realtà. Vorrei tornare lì per vedere se quello che abbiamo lasciato ha portato dei frutti in ospedale e nei villaggi. Quando stavo per partire i bambini mi hanno portato a vedere il tramonto e io ho detto loro: “Cercate di inseguire i vostri sogni e di avere rispetto per le donne”».

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