Nuove frontiere di cura Missione in Costa d’Avorio
A poche settimane da una missione esplorativa che lo ha portato, per la prima volta, in Costa d’Avorio, Giovanni Putoto, responsabile della Programmazione e Ricerca scientifica del Cuamm, condivide impressioni e riflessioni su un paese dell’Africa Occidentale che presenta indicatori sanitari preoccupanti.
A poche settimane da una missione esplorativa che lo ha portato, per la prima volta, in Costa d’Avorio, Giovanni Putoto, responsabile della Programmazione e Ricerca scientifica del Cuamm, condivide impressioni e riflessioni su un paese dell’Africa Occidentale che presenta indicatori sanitari preoccupanti.
«Gli ultimi dati sulla salute materna e infantile mostrano che si sta creando un divario preoccupante tra l’Africa dell’Est e quella dell’Ovest. Gli indicatori sullo stato di salute e sul funzionamento dei servizi sanitari sono peggiori in questa area del continente rispetto all’africa orientale e questo vale anche per altre dimensioni come la nutrizione, le endemie e le malattie croniche».
Al 159° posto su 188, nella classifica dell’Indice di sviluppo umano, la Costa d’Avorio è l’ultimo tra i paesi a medio-basso reddito subito sopra la Tanzania. 28 milioni di abitanti, di cui la metà ha meno di 20 anni, grande poco più dell’Italia, il paese è in pace dal 2010, dopo una guerra civile durata 5 mesi che ha causato oltre 3.000 morti. L’aspettativa di vita si attesta intorno ai 58 anni; il tasso di fertilità è di 4,6 figli per donna; la mortalità dei bambini con meno di 5 anni è di 79/1.000, mentre la mortalità materna, tra le più alte dell’Africa sub- Sahariana, è pari a 617/100.000 nati vivi. La spesa sanitaria media pro-capite è di circa a 75 dollari (in Italia è 2.900 dollari).
«Il nostro approccio è di partire dai bisogni delle persone. Facciamo un’analisi e un’istruttoria dello stato di salute della popolazione, incontriamo le autorità, testiamo il terreno e cerchiamo di capire a fondo il funzionamento del sistema sanitario. Vogliamo, insomma, conoscere la realtà di un paese. Quella compiuta nelle scorse settimane, insieme al collega Andrea Atzori, responsabile delle Relazioni Internazionali, è stata una missione di conoscenza in cui abbiamo toccato con mano alcune realtà sanitarie del paese, incontrato le autorità e alcune congregazioni religiose con cui dal 2019 abbiamo avviato una collaborazione. E sono proprio quest’ultime – 8 strutture sanitarie di 7 congregazioni religiose – che saranno beneficiarie di un primo intervento di assistenza. Un pezzetto di una sfida più ampia, che ci vede sostenere un network di 35 congregazioni, che gestiscono 85 tra ospedali e centri di salute in 25 paesi africani diversi. Ci hanno chiesto un aiuto per adeguarsi ai profondi cambiamenti che stanno interessando i sistemi sanitari. I governi, anche in Africa, fissano nuovi standard di qualità, promuovono nuove forme di finanziamento dei servizi sanitari, come ad esempio le assicurazioni, stabiliscono nuove forme contrattuali tra pubblico e privato senza scopo di lucro. In questo processo, diventa essenziale che anche le congregazioni religiose si adeguino a queste innovazioni che sono sì tecniche, ma che richiedono anche un salto culturale, di mentalità. Questa è in sostanza la ragione per cui il Cuamm ha deciso di mettersi in gioco».
Un impegno, dunque, ad ampio raggio, trasversale a diversi paesi, che può incidere in modo rilevante sulla dimensione sanitaria. «Il Cuamm ha preso origine dall’idea illuminata di un medico, il prof. Francesco Canova e dall’allora vescovo di Padova, mons. Bortignon e inizialmente, i primi medici, partivano in risposta agli appelli dei vescovi e dei missionari, per lo più italiani, che chiedevano un aiuto per curare e far partorire le donne – riprende il dott. Putoto –. Pian piano, poi, ci si rese conto che i bisogni di salute e i servizi sanitari non potevano essere gestite in modo frammentato e competitivo. Di qui la scelta interna di favorire le forme di partenariato tra pubblico e privato, una strada di grande visione a cui hanno seguito i primi accordi-paese e le collaborazioni anche con gli ospedali governativi. Queste forme di intervento, che cercano di mettere insieme la dimensioni pubblica e quella rappresentata dalle congregazioni, convivono tutt’ora nel nostro operato, anche se le sfide sono molte».
Territorio ricco di oro, diamanti, nichel, manganese e bauxite, confina con paesi molto fragili, come Mali e Burkina Faso, dei giganti dai piedi d’argilla che possono crollare da un momento all’altro, come sta succedendo in Sudan, con ripercussioni pesantissime nei paesi vicini.
«Quello che abbiamo potuto vedere in Costa d’Avorio è un grandissimo divario tra la realtà urbana e il Nord per esempio. Abidjan, il centro amministrativo, conta 5 milioni di abitanti, è molto attiva e dinamica. Il paese produce cacao, caffè, arachidi, ma al Nord si registrano episodi di instabilità e violenza, e i flussi di rifugiati transfrontalieri rendono la situazione fragile e critica – spiega Giovanni Putoto –. È questo che ci spinge a interrogarci come Cuamm e “a prendere le misure”, sempre nell’ottica di risposta a una chiamata e a una emergenza, ma creando i presupposti per lo sviluppo. Se da un lato, nel contesto urbano ci sono molti problemi da risolvere per l’accesso alle cure, dall’altro, in altre parti del paese, troviamo situazioni “da ultimo miglio”, dove le mamme e i bambini muoiono per problemi facilmente gestibili. La Costa d’Avorio è un paese dalle grandi contraddizioni e dalle enormi potenzialità, in cui abbiamo trovato accoglienza e apertura da parte di tutti e questo ci fa ben sperare!».