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La cura dei più piccoli

Tre ospedali coinvolti, ad Addis Abeba e una due giorni di incontri in ciascuna delle rispettive città. Per dire con forza che è possibile migliorare l’accessibilità e innovare i servizi di cura dei più piccoli nella regione in Etiopia.

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    Tre ospedali coinvolti, ad Addis Abeba, Tulu Bolo e Wolisso , e una due giorni di incontri in ciascuna delle rispettive città. Per dire con forza che è possibile migliorare l’accessibilità e innovare i servizi di cura dei più piccoli nella regione dell’Oromia e di Addis Ababa, in Etiopia. Questo è stato l’obiettivo del Newborn Survival Project, sostenuto dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo in collaborazione con partner locali, che volge al termine dopo tre anni di attività dedicati a costruire, migliorare, equipaggiare, rifornire di farmaci le terapie intensive neonatali: tutte azioni fondamentali per contribuire al rafforzamento della salute neonatale e materno-infantile in Etiopia. L’intervento, esteso a cinque Woredas e a quindici Kebele mirava anche a formare e rafforzare le capacità e competenze del personale locale, a sensibilizzare le comunità su buone pratiche di cura neonatale e ad assicurare un sistema di riferimento per i casi problematici.

    “L’Ospedale St. Luke di Wolisso fa oltre 4.200 parti l’anno e circa 100 neonati vengono ricoverati ogni mese, metà dei quali trasferiti da altre zone del paese. Sono numeri che fanno capire in modo chiaro l’importanza del St. Luke come centro di riferimento e la necessità di un reparto neonatale adeguato – racconta Eleonora Balestri, neonatologa Cuamm–. L’impatto positivo del progetto è evidente e ha portato a disporre di una neonatologia all’avanguardia: è l’unico ospedale del paese dotato di macchinari a muro per l’erogazione di gas medicali, sia ossigeno che aria”.

    E i risultati del progetto indicano proprio una diminuzione della mortalità neonatale del 2,8% all’Ospedale St. Paul di Addis Abeba, del 6,6% al St. Luke di Wolisso e del 2,2% dell’Ospedale di Tulu Bolo. In totale, nelle tre Nicu (Neonatal intensive care units) sono stati ricoverati 14.691 neonati, e sono stati formati 53 infermieri e 56 ingegneri biomedici.

    “Avere un reparto neonatale è cruciale per la riduzione della mortalità. I neonati necessitano di cure particolari, in un ambiente dedicato e con personale specializzato” conferma Turegn Asefa Kebeta, pediatra all’ospedale di Tulu Bolo.

    A livello di sensibilizzazione nelle comunità poi, sono stati formati 26 operatori di salute e 575 attiviste comunitarie. “Sensibilizzo la comunità sulla salute materno-infantile, sulle buone pratiche igienico sanitarie, e sul riconoscimento dei segnali di pericolo – spiega Birhane, leader delle attiviste comunitarie-. Facciamo visita alle donne incinte nelle loro case per promuovere l’importanza delle visite prenatali, delle vaccinazioni, e dell’allattamento”.

    Un intervento che ha messo al centro la cura di mamme e bambini perché è dalla loro salute che dipende la salute dell’intera comunità. “Essere “con” significa condividere le difficoltà quotidiane e gioire insieme delle conquiste – continua Eleonora–. L’Africa è fare fatica ogni giorno al loro fianco, cercare di individuare insieme i bisogni, per trovare soluzioni, sempre insieme, imparando anche ad accettare che i cambiamenti e i miglioramenti hanno bisogno di tempo, richiesto dal contesto e dalle circostanze, a volte diverso dal “nostro”.

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