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CUAMM E CONGREGAZIONI RELIGIOSE INSIEME PER LA SALUTE

Presentato oggi a Roma un grande impegno che vede il Cuamm in 26 paesi africani, in appoggio a 133 congregazioni religiose e 164 centri di salute. Una sfida per creare nuove sinergie che possano incidere davvero sulla salute e l’accesso alle cure dei più poveri.

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    Si è tenuto questa mattina, mercoledì 20 marzo, all’interno dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, l’evento “Supporto alle congregazioni religiose nella fornitura di servizi sanitari in Africa”. Un’occasione di incontro e approfondimento organizzato da Medici con l’Africa Cuamm con l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede per sottolineare il ruolo delle congregazioni religiose, oggi attori chiave nella fornitura di servizi sanitari nei Paesi a basse e medie risorse e l’importanza delle partnership per una crescita comune. Presenti all’evento, personalità istituzionali, partner e fondazioni per ribadire insieme il valore di un impegno condiviso.

    Da decenni le congregazioni religiose sono infatti presenti in Africa a fianco e a servizio delle comunità, per fornire assistenza sanitaria nelle aree più remote dei Paesi e rispondere alle esigenze dei più poveri. Ad oggi, in alcuni paesi dell’Africa sub-Sahariana, arrivano a coprire dal 30 al 70% dei servizi sanitari erogati al livello nazionale. Tuttavia, non sempre sono state in grado di adattarsi ai tanti cambiamenti che stanno coinvolgendo il sistema sanitario del continente africano: scarsità di risorse umane e limiti finanziari, rappresentano oggi i maggiori ostacoli al raggiungimento degli obiettivi sanitari nei paesi a basse e medie risorse.

    Dal 2019, anno in cui ha preso il via il programma  “Supporting FBOs on the frontline of healthcare service delivery in Africa”  ad oggi: sono state coinvolte 133 congregazioni religiose, presenti in 26 paesi dell’Africa sub-Sahariana. Un impegno che ha interessato 164 strutture sanitarie dove personale medico ed esperti in gestione ospedaliera hanno condotto numerose missioni di supervisione e affiancamento. Tre le attività principali: formazione in ambito gestionale e amministrativo, assistenza tecnica basata su incontri con esperti del settore in occasione di missioni sul campo e online e condivisione di buone pratiche in una prospettiva di rafforzamento anche, ma non solo, della capacità rappresentativa delle congregazioni in contesti istituzionali e internazionali. Con l’occasione è stato anche presentato uno studio approfondito sulla situazione di 11 paesi d’intervento. 

    Tutto questo è reso possibile grazie alla collaborazione con i Governi e le comunità locali e al sostegno di: Hilton Foundation, Caritas Pro Vitae, Vitol Foundation ed Eni Foundation.

     

    SINTESI DEGLI INTERVENTI

     

    Francesco Di Nitto, ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede: «Sono onorato di ospitare questo evento proprio qui nell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. L’Africa è ormai una priorità per l’Italia e certamente per questo governo, i destini del nostro paese e del continente africano sono strettamente interconnessi ed è con questa consapevolezza che il Piano Mattei ha come priorità quella di creare partnership solide e paritarie, anche con il coinvolgimento delle FBOs che hanno di fatto preso parte alla cabina di regia del Piano».

    Don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm: «La realtà che qui rappresento, Medici con l’Africa Cuamm è, di per se stessa, un’organizzazione religiosa. Per questo crediamo molto nel ruolo delle FBOs sul campo. Sono loro in prima linea nel garantire servizi sanitari nei paesi a basse e medie risorse portando avanti un impegno spesso sottovalutato e non riconosciuto che vogliamo continuare ad aiutare e a cui vogliamo dare voce».

    Tom Aliti, delegato del Ministero della Salute dell’Uganda: «Il sistema sanitario ugandese è all’avanguardia. Sappiamo che per raggiungere gli obiettivi di copertura sanitaria universale dobbiamo lavorare con partner come il Cuamm e con le FBOs. Lo stiamo già facendo: il governo e il ministero hanno istituito un comitato di lavoro per identificare bisogni e priorità e disegnare insieme risposte efficaci, soprattutto in merito alla gravi crisi che sta colpendo il Sudan, causando oltre 1,5 milioni di rifugiati e il Centrafrica, senza dimenticare la necessità di disegnare strategia utili a far fronte alla sempre più grave crisi climatica».

    Peter Natiello, consulente per il Dipartimento Intervento Umanitario, USAID: «Le organizzazioni religiose portano con sé importanti valori cristiani che diventano beni intangibili, necessari per il successo di qualsiasi progetto di sviluppo. Questo approccio le rende dei partner preziosi per USAID. In Uganda il lavoro che come USAID stiamo facendo fianco a fianco di Cuamm è fondamentale per rafforzare i sistemi sanitari locali in quei luoghi isolati, che sono stati messi a dura prova proprio dai flussi di rifugiati».

    Juliette Prodhan, vice direttrice delle Politiche di sviluppo, Ministero Britannico degli Esteri, del Commonwealth e dello Sviluppo – FCDO: «L’emergenza Covid ci ha dimostrato che raggiungere le comunità locali, parlare e saper influenzare i loro comportamenti è essenziale ed è qualcosa che le FBOs fanno ogni giorno, operando nelle zone anche più remote dove conoscere le dinamiche di contesto è fondamentale. Proprio come è importante che gli Stati, i governi, si rendano credibili alle popolazioni locali se vogliamo essere certi di intervenire in modo sostenibile ed efficiente».

    Sister Jane Wakahiu, vice presidente della programmazione e responsabile della Catholic Sisters Initiative, Conrad N. Hilton Foundation: «Oggi mi rallegro della partnership con Medici con l’Africa Cuamm per migliorare le capacità delle nostre 100 suore cattoliche impegnate nell’assistenza sanitaria in Etiopia e nella Repubblica Centrafricana. Il rafforzamento e la pianificazione delle strutture sanitarie gestite dalle suore è fondamentale per migliorare l’erogazione dei servizi e promuovere comunità autonome».

    Filippo Uberti, responsabile Unità Salute di Eni: «Come azienda oggi siamo chiamati a rispondere a delle sfide urgenti. Quella della salute, dei nostri lavoratori e delle comunità nelle quali lavoriamo, ma anche quella di investire in un nuovo modello di energia che è quello delle fonti rinnovabili. Questa è forse la maggiore sfida per noi. Dobbiamo farlo in vista della stretta relazione tra ambiente e salute su cui sempre più governi stanno ponendo attenzione e dobbiamo farlo perché è nella nostra mission garantire il benessere dei lavoratori, delle loro famiglie e delle comunità di origine nei 72 paesi in cui lavoriamo».

    Eva Kooijman, settore attività Filantropiche di Caritas Pro Vitae Gradu Charitable Trust: «Le FBOs sono attori fondamentali all’interno delle proprie comunità, per le quali sono veri punti di riferimento. Quello che rende Cuamm un partner eccezionale è la capacità di esser diventato esso stesso punto di riferimento per ben 133 FBOs, mostrandoci un impegno che è andato ben oltre le nostre aspettative».

    Emanuela Parotto, consulente sanitaria: «Il rapporto che presentiamo oggi fornisce una visione critica delle sfide affrontate dalle strutture sanitarie gestite dalle FBOs nell’Africa sub-Sahariana e sottolinea la necessità di un impegno per ottenere un impatto duraturo nella fornitura di assistenza sanitaria. Attraverso le missioni del Cuamm, è stato evidenziato il ruolo vitale svolto dalle FBOs nella fornitura di servizi alle popolazioni vulnerabili, anche se grandi sono ancora le sfide, soprattutto, per la limitata preparazione ad affrontare i disastri, per la carenza di personale e infrastrutture e per i vincoli finanziari. La collaborazione e il lavoro in sinergia possono davvero fare la differenza».

    Suor Adou Adjua Josephine, segretaria dell’Unione dei religiosi per la salute e la coesione sociale in Costa d’Avorio – U.R.S.S.C.I.: «L’U.R.S.S.C.I è nata nel 2005 ed è stata riconosciuta in Costa d’Avorio solo nel 2020. Oggi conta quasi 100 strutture sanitarie tra ospedali e piccoli centri situati nei villaggi dell’ultimo miglio. La missione di noi tutti è quella di migliorare le cure e i servizi disponibili all’interno dei centri che aderiscono alla rete e facilitare l’accesso alle cure soprattutto ai gruppi più vulnerabili, con scarse risorse economiche. Per continuare a farlo oggi identifichiamo nella formazione il bisogno primario. Formazione in termini di competenze manageriali, di contabilità, nel campo legale e in quello del miglioramento della qualità delle cure e della visibilità dei progetti, nella manutenzione delle apparecchiature tecniche e nella comunicazione. L’U.R.S.S.C.I. è sempre più necessaria come interlocutore unico verso il Ministero della Salute del Paese e per prendere parte ai tavoli decisionali».

    Fr. Dumisani Vilakati, coordinatore regionale per l’Africa, Dicastero dello sviluppo umano integrale: «Quello che possiamo fare insieme a Cuamm è amplificare la voce dell’Africa, fare in modo che i suoi bisogni siano noti a tutti e so che molti colleghi coinvolti in Africa, all’interno del dicastero, hanno la sensazione di non essere visti né ascoltati. Non quanto servirebbe. Sappiamo bene che le crisi presenti sono orribili, in Europa come in Terra Santa ma lo sono anche le atrocità che vive la gente in Sudan, Sud Sudan, Etiopia. Perché dove ci sono guerre, i bisogni sanitari diventano enormi e richiedono un intervento».

    Andrea Atzori, responsabile Relazioni Internazionali, Medici con l’Africa Cuamm: «Oggi l’Africa, anzi il mondo intero, affronta una moltitudine di crisi. Quella climatica, quella economica e a queste seguono un numero non ben quantificabile di crisi umanitarie che stiamo ignorando e a cui nessuno può dare risposta agendo autonomamente. Partnership è la parola chiave: è necessario fare rete come in questa sala, oggi, dove vedo riuniti partner, governi, FBOs, compagnie e fondazioni insieme, ovviamente al terzo settore. C’è questo mito secondo cui con i fondi è possibile cambiare le cose. È una falsa credenza, il supporto finanziario è necessario ma diventa utile solo quando in grado di creare un impatto reale sulle vite delle persone anche nelle aree più remote, nell’ultimo miglio».

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