Medici con l'Africa Cuamm

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Terkidi Allargare le braccia e il cuore

Dopo Nguenyyiel, un altro campo profughi, nella regione di Gambella in Etiopia: Terkidi. L’intervento del Cuamm si allarga, con un fondo di emergenza, per portare assistenza a mamme e bambini e non solo.

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    Sembra il nome di un personaggio mitologico, invece è un campo profughi nella regione di Gambella, Etiopia occidentale, al confine con il Sud Sudan: Terkidi. Oltre 70.000 persone ospitate. Profughi, per lo più sud sudanesi. È in questo campo che si impegnerà il Cuamm, a partire dalle prossime settimane con un fondo di emergenza sperando poi di poter fare di più grazie al sostegno di nuovi donatori. L’obiettivo: portare assistenza e cura a circa 100 donne in gravidanza e 800 bambini sotto i 5 anni al mese. Si va dalla consegna di farmaci e materiale sanitario, alla formazione e alla supervisione degli operatori sanitari che lavorano nel posto di salute all’interno del campo, fino alla fornitura di carburante per il generatore.

    «Abbiamo cominciato a lavorare a Gambella nel 2017, a seguito di una richiesta del Ministero della Salute. Sono trascorsi 4 anni e siamo ancora lì, perché la situazione è molto delicata e fragile e la popolazione ha un bisogno estremo di aiuto dal punto di vista sanitario». Esperto di Salute Pubblica,41 anni, da dieci impegnato con il Cuamm, Ademe Tsegaye è responsabile dell’intervento a Gambella. «Siamo in una delle regioni più svantaggiate dell’Etiopia con poco accesso alle cure primarie e ai servizi sanitari essenziali. A rendere ancora più difficile la situazione: i 300.000 sud sudanesi rifugiati nei campi di accoglienza. Hanno bisogno di tutto, di cibo, di cura, di farmaci, di aiuto. Il sistema sanitario della zona è decisamente sovraccarico, non potevamo chiudere gli occhi di fronte a questi bisogni e così dopo l’iniziale sostegno all’ospedale e al territorio circostante, ci siamo impegnati nel campo profughi di Nguenyyiel e ora ampliamo ulteriormente il nostro intervento a Terkidi».

    Grazie al sostegno della Cooperazione Italiana e di altri donatori, Medici con l’Africa Cuamm ha dapprima rafforzato i servizi di cura e assistenza per le mamme e i bambini nell’ospedale di Gambella, riabilitando la Pediatria, costruendo il blocco della Maternità, fornendo farmaci e materiale, formando il personale sanitario e garantendo un supporto tecnico. In seguito ha esteso le attività anche al campoprofughi di Nguenyyiel che accoglie circa 80.000 rifugiati. Qui in 2 anni e mezzo, sono state effettuate 4.653 visite prenatali, 2.392 parti sicuri, 1.740 vaccinazioni di bambini con meno di 1 anno, 16.875 controlli per la malaria, 286 trasferimenti all’ospedale regionale di Gambella e 143 operatori comunitari sono stati formati sulle buone pratiche igienico-sanitarie e sull’identificazione delle emergenze. Perché nel campo si incontrano i bisogni più grandi, le storie più difficili, come quella di Roan, scappato dal Sud Sudan, con la moglie e i 9 figli. È infermiere. Nel suo paese aveva un lavoro e una casa di mattoni, ma tutto è stato distrutto e andato perso. Qui al campo dà una mano al posto di salute, così guadagna qualcosa. I suoi figli hanno scarpe e vestiti. Riescono a mangiare, almeno una volta la giorno e vanno a scuola.

    Ci sono donne come Christine, 25 anni, con in braccio una bambina appena nata. «E’ la mia quinta figlia, tutte femmine. Questa l’ho partorita nel Posto di salute dentro il campo. È la prima. Le altre sono nate tutte in casa, perché in Sud Sudan non c’era assistenza. A forza di insistere, gli agenti comunitari che lavorano qui mi hanno convinta. Mi sono trovata bene e, se avrò altri figli, andrò a partorire di nuovo al Centro. Ti aiutano e ti seguono. Mi sono sentita più sicura».

    Il racconto di Ademe riprende: «Tantissimi sono i bisogni che si presentano ogni giorno: malaria, tbc, malattie sessualmente trasmesse, diabete, l’ipertensione e molto altro ancora. Soprattutto sarebbe necessario attivare i servizi e l’assistenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per le mamme e i bambini. Oggi è attivo solo di giorno e nei giorni feriali. Lo sforzo del Cuamm è molto grande e viene riconosciuto dalle autorità, ma non basta, il cammino è ancora lungo», conclude Ademe.

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