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Mozambico Tete colpita da una tempesta tropicale

Si contano i danni e i bisogni a Tete, in Mozambico, dopo la terribile tempesta tropicale che si è abbattuta nei giorni scorsi sulla zona. Laura Villosio, medico Cuamm impegnata nell’area, racconta la situazione all’indomani della tempesta.

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    Sono trascorsi pochi giorni da quando la tempesta “Ana” si è abbattuta su Tete distruggendo gran parte delle case e colpendo duramente la popolazione. Oltre 12.300 le persone colpite, più di 2.000 famiglie che hanno perso la casa e sono sfollate. E ora che ha smesso di piovere, si contano i danni. Oltre 1.700 case danneggiate, 2 centri di salute colpiti, 16 pozzi di acqua distrutti. C’è bisogno di tutto: riso, farina, zucchero, acqua pulita, sapone per lavare, olio, coperte, farmaci.

    «Se ripenso alla notte tra il 24 e il 25 gennaio, mi sembrava di vivere dentro un film, avevamo molta paura. L’acqua è entrata in tutte le case, perché i tetti sono di lamiera, gran parte dei quartieri è rimasta senza corrente e senza acqua pulita per 3 giorni. Il fiume Zambesi è straripato, il ponte che collega Tete con Moatize è crollato – racconta Laura Villosio, medico Cuamm –. Si sapeva che c’era questa tempesta che dal Madagascar si stava spostando verso il Mozambico, ma non si pensava arrivasse fino da noi. Tete è una zona molto calda e secca. Appena è stato possibile, sono riuscita a fare un sopralluogo nelle zone più colpite e in uno dei centri di accoglienza allestiti in una scuola tecnica. Qui oltre 2.000 famiglie hanno perso tutto. Per il momento è stato allestito un Centro di salute nell’Istituto Industrial de Matundo, sono state adibite 3 stanze all’interno della scuola, ma ora c’è la necessità di 2-3 tende da mettere all’esterno per i casi di isolamento, in particolar modo per la gestione in caso dei casi di Covid19. I Centri di salute di Tsangano e Mutarare hanno subito molto danni e sono operativi in minima parte, il distretto di Mutarara è ancora isolato, la strada non è agibile. Quelli che fanno più tenerezza sono i bambini: hanno sguardi persi, smarriti. Nei loro occhi si legge tutta la paura che hanno vissuto, paura di fronte alla potenza devastante della natura che ti si scatena addosso e tu non puoi fare nulla».

    E prosegue: «Il timore maggiore, adesso, è che vista la condizione precaria, scoppi il colera, che aumentino i casi di dissenterie e diarree perché l’acqua non è pulita. Si teme anche un aumento della malaria, perché qui fa molto caldo. Per fortuna le vaccinazioni contro il Covid non hanno subito gravi ritardi e stanno continuando nei 6 punti vaccinali che stiamo supportando».

     

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