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Dal Sud Sudan: il nostro impegno continua

Appena rientrato da Mozambico sono ripartito subito per il Sud Sudan. L’Ebola ancora non c’è nel paese, ma ci si sta preparando per prevenire ed, eventualmente, affrontare e contenere l’epidemia.

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    Carissimi,

    appena rientrato da Mozambico sono ripartito subito per il Sud Sudan. L’Ebola ancora non c’è nel paese, ma ci si sta preparando per prevenire ed, eventualmente, affrontare e contenere l’epidemia.

    Sono stato all’ospedale di Maridi nel sud-ovest del Sud Sudan a circa 300 km dalla capitale, Juba, al confine proprio con il Congo, dove finora ci sono stati 2.484 casi confermati e 1.643 deceduti. Maridi è un ospedale di 70 posti letto, che offre cure a poco più di 125.000 persone e a cui riferiscono 24 centri di salute. Lo scorso anno ha effettuato 18.236 visite ambulatoriali, 4.759 ricoveri, 723 parti che stanno però aumentando.

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    (Foto di Luigi Baldelli)

    Mercoledì scorso mi trovavo lì. Durante la mattinata, arriva una chiamata da Juba. È la hot line dell’Ebola. Qualcuno, dall’area vicina all’ospedale, aveva chiamato, in capitale, il numero verde dedicato all’Ebola e aveva segnalato dei sintomi sospetti. Bisognava verificare. Subito un team si è messo all’opera, andando nel posto. L’indomani arriva la notizia che c’era stato un primo decesso da Ebola anche a Goma, e che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato “emergenza globale” l’epidemia di Ebola in Repubblica Democratica del Congo.

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    Giorgia Gelfi, responsabile dei progetti di Medici con l’Africa Cuamm in Sud Sudan: «Come Cuamm, da dicembre 2018, abbiamo avviato tutta la fase di preparazione e attivazione per identificare e isolare eventuali casi di Ebola. Fin da quando c’è stato il primo caso in Congo, i paesi confinanti hanno iniziato a prepararsi. Il Cuamm, insieme ad altre organizzazioni in Sud Sudan, si è fatto carico di predisporre i posti per lo screening e quelli per l’isolamento a Maridi».

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    E prosegue Giorgia: «Così in tutta la zona di Maridi, abbiamo predisposto 21 strutture per l’isolamento. 19 nei centri di salute più al confine, 1 sulla pista di atterraggio e 1, più strutturato, in ospedale. Da oggi, qualsiasi sia la provenienza del volo, tutti vengono controllati appena atterrano, ovvero si misura la febbre e si verifica se ci sono dei sintomi sospetti. Nel caso in cui questo primo livello di controllo desti qualche dubbio, vieni messo in isolamento, per effettuare uno screening più approfondito».

    Indispensabile è poi la formazione del personale. «Abbiamo preparato 73 persone dello staff: 2 medici internazionali e 71 operatori locali – continua Giorgia -. Ora sanno eseguire lo screening, avviare le procedure di isolamento, gestire i casi sospetti, durante le prime 48-72 ore».

    A livello regionale e nazionale, inoltre, Medici con l’Africa Cuamm partecipa ai diversi tavoli di coordinamento e collabora con tutti gli attori coinvolti nelle azioni di prevenzione.

    «La gente qui sa cosa è Ebola, ma la vede come una cosa lontana. Né a Maridi, né tanto meno a Juba, si ha la percezione e il timore che il virus possa colpire, ma l’attenzione deve essere sempre tenuta alta e vigile». E conclude: «In Sud Sudan la situazione è così difficile e fragile, che talvolta potrebbe sembrare poca cosa quello che facciamo. L’emergenza è quotidiana e a tutti i livelli, in tutti gli ambiti. Ma una cosa è certa: ogni giorno, con un lavoro costante, i nostri medici salvano delle vite umane. E questo, per ora, è tanto, qui».

    In Sud Sudan il nostro impegno continua, seppur in mezzo a tante difficoltà. Speriamo che all’insicurezza quotidiana e alla povertà diffusa non si aggiunga il dramma dell’Ebola.

    D. Dante

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    (Foto di Luigi Baldelli)