Medici con l'Africa Cuamm

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La ricerca per una cooperazione sanitaria di qualità

A Padova un appuntamento per sottolineare il ruolo strategico della ricerca scientifica in Africa con rappresentanti delle istituzioni internazionali, ricercatori, docenti universitari, medici e fondazioni.

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    Quasi 300 persone hanno partecipato all’evento dedicato alla ricerca operativa e la cooperazione sanitaria organizzato da Medici con l’Africa Cuamm sabato 8 giugno nell’Aula Magna di Palazzo Bo a Padova, con la conduzione del giornalista Federico Taddia. È stato un importante appuntamento per sottolineare il ruolo strategico della ricerca scientifica nei contesti di cooperazione sanitaria in Africa e nelle sfide emergenti, a partire dai temi chiave della salute e del funzionamento dei sistemi sanitari.

    All’evento erano presenti rappresentanti delle istituzioni internazionali, ricercatori italiani e africani, docenti del mondo accademico, medici Cuamm e fondazioni. Ad aprire i lavori la rettrice dell’Università di Padova, Daniela Mapelli assieme a don Dante Carraro, direttore del Cuamm e l’assessora alla cooperazione internazionale e alla pace del Comune di Padova Francesca Benciolini.

    Anche il Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha partecipato all’appuntamento inviando un video messaggio, in cui ricorda come proprio l’alta formazione e la ricerca scientifica siano i veicoli più potenti per una convivenza pacifica e per costruire gli equilibri di una crescita condivisa.

    «L’Africa è un continente in pieno sviluppo tra mille contraddizioni e speranze ancora da realizzare. Negli ultimi anni l’Unione Europea ha rafforzato i legami con il continente africano, dalle iniziative per consentire l’accesso ai vaccini al Global Gateway. In futuro sarà fondamentale continuare a curare le nostre relazioni comuni  e costruire un vero partenariato tra pari» sono, invece, le parole del Commissario Ue per l’Economia Paolo Gentiloni.  

     

    Agli interventi istituzionali è seguito il contributo  di Marco Rusconi, direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo:

    «Cooperare nel settore della salute in Africa vuol dire perseguire le grandi finalità della Cooperazione allo Sviluppo Italiana, e cioè sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze, migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, promuovere uno sviluppo sostenibile, tutelare e affermare i diritti umani, la dignità dell’individuo, e l’uguaglianza di genere. Il nostro approccio è quello della salute globale che ci porta a rafforzare sistemi e strutture sanitarie locali, non solo a livello nazionale ma anche regionale e soprattutto di comunità. Incoraggiamo anche nell’ambito della salute una cooperazione che incorpori anche una dimensione di ricerca e di innovazione, le stessa che persegue il Cuamm».

    La ricerca operativa sul campo, tra sfide e nuovi modelli 

    Tra i relatori Ana Pilar Betràn, medico del Dipartimento di Ricerca e Salute Sessuale e Riproduttiva dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolineando come:

    «la ricerca operativa si focalizza sull’integrazione tra i risultati della ricerca e gli interventi concreti per promuovere una conoscenza basata sulle evidenza. La comprensione dei fattori che possono essere barriere o facilitatori per lo sviluppo di una buona salute è centrale nello studio dei contesti in cui si opera. La loro conoscenza è condizione essenziale per adottare risposte sanitarie e pratiche sostenibili in paesi a risorse limitate».

    Sull’approccio del Cuamm alla ricerca, invece, è intervenuto Giovanni Putoto, responsabile programmazione e ricerca operativa:

    «La ricerca operativa è uno strumento essenziale per capire meglio i contesti in cui operiamo, per identificare azioni efficaci e validare buone pratiche, per migliorare il nostro intervento a tutti i livelli del sistema sanitario. Dal 2013, quando la ricerca è diventata parte integrante della strategia operativa del Cuamm, abbiamo lavorato ancora di più perché la nostra azione sul campo fosse in stretto legame con lo studio e la conoscenza profonda di quei contesti e dei bisogni di salute della popolazione. In undici anni di lavoro abbiamo pubblicato un totale di 248 articoli scientifici su riviste di alto valore, ampliando il nostro network di ricerca in Italia, in Africa e nel mondo».

    Voci dal campo – Uganda e Tanzania

    Non sono mancate le testimonianze e le esperienze di ricercatori e ricercatrici dal campo, che hanno sperimentato cosa significa fare ricerca in contesti a risorse limitate. Come Stefano Bonaldi del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova: «attraverso la collaborazione con il Cuamm e con il supporto del Rotary Padova Nord è stato realizzato uno strumento molto importante e innovativo per la lotta alla malnutrizione in Uganda. Si tratta di uno stadiometro digitale, che permette agli operatori sanitari di raccogliere parametri e valori in modo veloce e preciso anche in contesti rurali».

    «Durante il periodo in cui ho lavorato presso l’Unità neonatale dell’ospedale di Tosamaganga, in Tanzania, è stata svolta una ricerca sulla mortalità neonatale, coinvolgendo 5.742 bambini. In un ospedale in cui si fanno circa 3 mila parti all’anno, molti erano i bambini nati prematuri o sottopeso. La ricerca ha evidenziato come le attività di formazione e l’assistenza qualificata durante il parto riducano la mortalità tra i bambini nati con peso tra i 1.500 e i 2.500 grammi, viceversa ha dimostrato un aumento della mortalità tra i più prematuri, per cui il Cuamm ha deciso di impegnarsi per implementare la Kangaroo Mother Care, la tecnica di mantenere il piccolo sempre a contatto con il corpo della mamma, che si è rivelata molto efficace» sono le parole di Martina Borellini, pediatra di Medici con l’Africa.

    Cosa significa curare la tubercolosi in contesti come la Karamoja, regione dell’Uganda dove il tasso di povertà raggiunge il 60% e il contesto in cui si trovano a lavorare i medici è complesso e fragili, è stato il tema del contributo di Jerry Ictho, epidemiologo clinico del Cuamm: «Con il progetto “It’s good – Tb fre Project in Karamoja” si è analizzato come la cura della tubercolosi sia stata ostacolata dalla presenza di disuguaglianze sociali. Per migliorare il trattamento sono stati considerati alcuni determinanti socio-economici della popolazione. In parallelo è stato rafforzato l’intervento di cura, inserendo delle facilitazioni quali la fornitura di cibo, di trasporti e alcuni meccanismi di micro-finanziamento innovativi».

    Tra le voci dal campo anche quella di Katunzi Mutalemwa, infermiere che sta frequentando un master di specializzazione in malattie croniche alla Muhimbili University of Health and Allied Sciences che ha portato l’attenzione sul fatto che «in Africa la sfida più grande per la cura e il trattamento di pazienti con malattie croniche è l’aderenza alla terapia. Dall’indagine che ho condotto è emerso che i curatori tradizionali infuenzano il comportamento dei malati e ostacolano la corretta e continuativa assunzione di medicine salvavita. Per superare questo ostacolo ho iniziato ad inviare via cellulare dei promemoria pre-appuntamento ad alcuni malati. Con questa strategia, l’80% dei pazienti con malattie croniche ha seguito il trattamento, garantendo un controllo costante sulla propria condizione di salute».

    Voci dal campo – Mozambico 

    Di salute mentale e psicodramma illustrando i risultati di un progetto di ricerca che ha coinvolto 300 adolescenti in Mozambico ne ha parlato Chiara Malesani, medico in formazione dell’Università di Padova: «con la direttrice della scuola di specializzazione in Neuropsichiatria infantile Michela Gatta, abbiamo lavorato per rompere lo stigma sulla salute mentale, per riconoscere e gestire le emozioni, per comunicare in modo assertivo e ascoltare con empatia, adottando strategie efficaci. Il modello di intervento etno-psichiatrico per la promozione della salute mentale è stato testato in termini di fattibilità e accettabilità perché la salute mentale non rimanga negletta e stigmatizzata».

    Sempre in Mozambico, poi, è stato portato avanti il progetto “Familia Modelo” realizzato con Unicef per ridurre i fattori di rischio relativi a malattie infettive, in particolare malaria e malattie diarroiche in contesti esposti agli effetti della crisi climatica: « Il progetto prevede, come strategia, quella di lavorare quotidianamente con le comunità al fine di proporre l’adozione di un paniere di comportamenti e di strumenti semplici e a costo zero per le famiglie, che però hanno un impatto concreto sulla riduzione dei fattori di rischio. Parliamo di strumenti a tecnologia ridotta: l’adozione di una corretta igiene, il miglioramento delle condizioni della latrina, l’assicurarsi che non ci sia acqua stagnante intorno alla casa, l’evitare la presenza di animali all’interno dell’abitazione. Abbiamo integrato la cura con il “prendersi cura” delle persone e delle comunità, riconoscendo l’importanza delle dimensioni sociali e culturali» ha spiegato Edoardo Occa, antropologo e responsabile programmi di salute comunitaria del Cuamm in Mozambico.

    Tavola rotonda – Prospettive: le partnership per fare ricerca operativa

    Il valore del “fare rete” per la ricerca operativa, invece, è stato il focus della tavola rotonda condotta da Andrea Atzori, responsabile Relazioni Internazionali Cuamm, con Annalisa Saracino, professoressa di Malattie Infettive del Dipartimento di Medicina di Precisione e Rigenerativa e Area Jonica dell’Università di degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Daniele Trevisanuto, professore associato di Pediatria del Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino dell’Università degli Studi di Padova, Calistus Wilunda, ricercatore associato dell’African Population and Health Research Center (Aphrc) in Kenya e Gilberto Muraro, presidente di Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.

    La chiusura dell’evento è stata affidata al professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas, che in un videomessaggio ha evidenziato l’importanza di «fare scienza con l’Africa. Ogni volta che non si fa ricerca in Africa perdiamo un’opportunità».