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La testa di un bambino, l’oro di Chiulo

Il racconto di Carmelo Fanelli, pediatra del Cuamm, volontario all’ospedale di Chiulo, in Angola.

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    Quello che non si vede…

    «Mi cercano al telefono dalla maternità per assistere una futura mamma, senza molte altre indicazioni. Bisogna correre! È un parto podalico, gambe e braccia sono già liberi da un po’, mentre la testa sembra ancora impegnata. L’ostetrica, allora, afferra i piedi e con delicata trazione verso l’addome della madre fa scivolare fuori anche il capo del neonato, reggendolo con una mano. Il piccolo viene subito posto sul lettino riscaldato della sala parto, asciugato energicamente con un panno pulito che dovrebbe essere caldo. Appare cianotico, non respira, ma il cuore batte bene e dopo un po’ di ventilazioni, emette un sospiro profondo, seguito da un flebile lamento che diventa un pianto convincente e rassicurante. Viene così portato alla sua mamma con un cappellino e un paio di calzini di lana, frutto dell’impegno delle nonne delle Valli del Trentino che sferruzzano gomitoli per sostenere il Cuamm in questo modo semplice ed efficace.

    È pomeriggio inoltrato. Fuori dalla sala parto le verande e i corridoi sono vuoti mentre l’ospedale, dai colori rosso mattone e bianco, viene immerso nella calda luce dell’imminente tramonto, creando un’atmosfera unica. Chi è stato a Chiulo conosce bene questo momento della giornata. È uno scenario palpabile dalla luce diffusa che vira dal giallo all’arancione fino ad un rosso intenso a seconda della fase del tramonto. Mette serenità e ti fa sentire in un posto giusto. Se a quest’ora ci si inoltra, poi, per il mato, i baobab si stagliano scuri e maestosi su un orizzonte mozzafiato di un colore fiammante e intenso mai uguale a quello del giorno prima, né a quello che verrà. In questo frammento magico si cominciano ad accendere i fuochi per la cena e nell’aria tra un po’ si propagherà un fragrante profumo di tradizione. I bambini vengono richiamati o recuperati dal gioco per il bagno serale nelle bacinelle. L’Africa è anche questo. Bellezza impareggiabile, emozioni forti, sì, emozioni intense ed estreme: che sia gioia o che sia dramma, vita o morte, luce o buio, sorriso o pianto, tutto si manifesta al massimo dell’espressività.

    Prima di uscire dall’ospedale, un rapido passaggio in Pediatria dove il corridoio esterno è animato di bambini che sciamano, si rincorrono, chi con un braccio legato al collo, chi con un’ingessatura, chi con una visibilissima medicazione da ascesso drenato e chi la sta perdendo, trascinandosela dietro. Questo è anche il risultato del costante, silenzioso e metodico lavoro di Felismina, infermiera anestesista, responsabile della piccola chirurgia, una stanzetta dove tra suture di ferite e medicazioni, tra adulti e bambini sono effettuati mediamente circa venticinque interventi ogni giorno… da 25 anni!

    Fuori dall’ospedale riecheggiano, animate da una cinquantina di persone, le prove di canto iniziate stamattina per la messa di domenica che trasformeranno la celebrazione in una festa partecipata, ritmata da tamburi incalzanti e danze eleganti. È uno spettacolo immancabile che, bene che vada, dura almeno due ore e mezza, a volte anche quattro ore, schiantando le migliori intenzioni di completa partecipazione di noi espatriati. Penso che se avessi un briciolo della fede di questa gente, potrei essere salvo!».

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