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In empatia con il paziente

La riflessione di Matilde Conti, Junior Project Officer in Medicina d’emergenza-urgenza, rientrata da Wolisso, in Etiopia.

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    «Il programma di Junior Project Officer mi ha offerto un periodo di formazione sul campo intenso e stimolante; a tratti faticoso umanamente, più che sotto l’aspetto professionale. Un’esperienza che rifarei senza dubbio, ma forse affronterei in modo differente alcune situazioni, ad esempio, accettando determinati fattori limitanti. Ho assunto tanta responsabilità e, talvolta, ho avuto la sensazione di dover portare un grande carico in un momento in cui non ero ancora pronta. Ho sperimentato l’autonomia nel prendere decisioni, autonomia che, qualche volta, provocava solitudine.

    Mi sono trovata di fronte alla sfida di cercare un equilibrio tra l’indicazione di cura che, spontaneamente, avrei dato e l’effettiva possibilità del paziente di seguirla. La prescrizione di un farmaco o di un esame che da noi è scontata, a Wolisso mi ha fatto riflettere se fosse davvero necessaria. Mi sono calata in una situazione di empatia assoluta nei confronti del paziente e in quel momento mi sono resa conto dell’uso, a volte dell’abuso che facciamo delle risorse che abbiamo a disposizione nei Paesi dell’Occidente».

    Quello che non si vede…

    «È la gratitudine da parte dei colleghi etiopi. Inizialmente, ho mantenuto un profilo basso per capire come fosse meglio agire in un contesto per me completamente nuovo. In ospedale gli operatori sanitari hanno una grande capacità di fare più cose molto diverse tra loro, attitudine che a noi manca, avendo una medicina iper-specializzata. E il loro approccio in quel determinato ambiente, con quella casistica e quei pazienti, è effettivamente più produttivo. In sei mesi di servizio ho visto più cardiopatie che in cinque anni di specialità, ragazzi giovanissimi con malattie rare e in stadio avanzato, ma con una capacità incredibile di reagire alla malattia, anche in assenza di farmaci e di servizi di cura completi.

    Mi sono resa conto di come questa missione non sia stata soltanto un’esperienza di vita, ma un impegno per offrire servizi essenziali e per assumere una grande responsabilità nel ruolo che ho ricoperto. Tutto questo mi ha fatto capire profondamente il desiderio che mi muove e l’obiettivo che mi pongo. È stata un’’opportunità per valutare se posso fare il medico nel mondo della cooperazione. Oggi ripartirei senza paura!».

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