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Una piccola “doktora”

5 aprile 2023 – Irina è una bimba di 8 anni, ucraina, di origine rom. Quando entra nel nostro ambulatorio con la sua amichetta capiamo subito che non le serve nulla. E’ mossa per lo più da semplice curiosità, tipica di qualsiasi bambino della sua età. Di atipico, però, c’è la casa di Irina.

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    5 aprile 2023 – Irina è una bimba di 8 anni, ucraina, di origine rom. Quando entra nel nostro ambulatorio con la sua amichetta capiamo subito che non le serve nulla. E’ mossa per lo più da semplice curiosità, tipica di qualsiasi bambino della sua età. Di atipico, però, c’è la casa di Irina, che da oltre un anno, da quando con la sua famiglia è arrivata da Odessa, è una vecchia Facoltà di Statistica di Chisinau, in Moldavia, ora trasformata in campo profughi.

    Si mette a chiacchierare con Natalia, infermiera Cuamm e nostra interprete. Racconta che quel giorno è andata a scuola, fa il segno “quattro” con la manina, specificando che solo quattro bambini del campo frequentano la scuola. Quando le chiedo cosa voglia fare da grande risponde secca «doktora». Le rispondo che per fare il medico occorre studiare tanto e che magari, chi lo sa, verrà a studiare in Italia. Natalia non fa in tempo a tradurre che le due bimbe, ridendo, corrono via lungo il corridoio. Poco dopo bussano nuovamente, questa volta chiedono guanti e mascherine per “giocare alle dottoresse”. Natalia si allontana, e così all’improvviso mi rivolgo a Irina in italiano «Ehi, doktora, hai mai visto questo?» e porgo alla piccola il mio fonendoscopio colorato. Le faccio sentire il cuoricino della sua amica.

    Gli occhi le si illuminano, come se avessi fatto una magia, e mi regala un sorrisone sdentato. In ucraino mi fa capire che vuole condividere questa scoperta con la sua amica, così i ruoli si invertono e si fa ascoltare il torace a sua volta. Torna Natalia, e Irina indicandomi la incalza di domande: «Ma lei è una dottoressa? Da dove viene? Come si chiama?», così tramite Natalia facciamo conoscenza ufficiale. Natalia poi mi traduce le parole della piccola: «Dice che adesso io posso andarmene, che lavora lei come infermiera con te al posto mio». Irina sorride e mi guarda per accertarsi che io abbia capito.

    Tutto lo spaesamento del primo giorno, della prima missione, della prima volta come medico in un paese straniero, sparisce così, all’improvviso. E il cuore si riempie di immensa gratitudine.

    Francesca Gamba, medico Cuamm a Chisinau

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