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La vita va avanti sempre

20 maggio – L’Italia torna sempre in questa missione. Parliamo più in italiano che in inglese. E’ il segno del legame profondo che c’è tra il nostro paese e la Moldavia. Relazione che va ben oltre l’emergenza odierna.

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    L’Italia torna sempre in questa missione. Parliamo più in italiano che in inglese. E’ il segno del legame profondo che c’è tra il nostro paese e la Moldavia. Relazione che va ben oltre l’emergenza odierna e che trova le basi in una forte, e ora reciproca, relazione lavorativa e di scambio. Siamo in Europa (anche se non ancora in Comunità Europea) e le vicinanze culturali si sentono e si respirano, nonostante sia sempre presente il retaggio di un’impostazione sovietica delle strutture, soprattutto governative. Ho trovato un Paese terrorizzato da un possibile aumento del conflitto, un Paese che sente il bisogno di avere maggiore formazione nell’ambito della risposta ai disastri e alle emergenze. Ed è per questo che ci siamo. Come Cuamm stiamo provando a dare un aiuto immediato all’emergenza, con l’offerta di servizi sanitari di base presso i due centri profughi; ma stiamo anche provando a impostare un lavoro e una relazione a più ampio respiro, a lungo termine, come sempre facciamo anche in Africa, perché di fronte alle crisi non si può solo rispondere, ma bisogna anche reagire, ricostruire e rafforzare. Ed è così che, dopo aver parlato con il dott. Sergiu Gladund, direttore dell’Istituto Nazionale materno e infantile, abbiamo iniziato a programmare un training specifico sulla medicina d’emergenza e dei disastri. Aveva gli occhi lucidi quando, nel mezzo della discussione tecnica, il dott. Gladund mi ha detto: “dopo 2 anni di Covid ora abbiamo una guerra, ma ti sembra giusto?”. Il suo istituto sta già collaborando con l’ospedale di Odessa che invia a loro, neonati critici. Odessa dista solo 50 km dal confine moldavo di Palanca e Palanca dista 1 ora e trenta in auto da Chisinau. La guerra è davvero alle porte della Moldavia ed è proprio nell’ospedale materno-infantile che dirige il dott. Gladund che da inizio guerra sono nati 43 bambini ucraini. Tra loro anche il piccolo Ivan nato ad Odessa a sole 28 settimane di vita, pesava solo 800 gr e, grazie al trasferimento presso il loro istituto, è sopravvissuto e ora sta bene. Perché la vita va avanti, sempre.

    Giovanna De Meneghi, responsabile Emergenza Ucraina Cuamm

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