Di villaggio in villaggio
La testimonianza di Pietro Scartezzini, amministrativo originario di Trento, in missione nel villaggio di Jinka, in South Omo, nel Sud dell’Etiopia.
«Uno dei momenti più sfidanti è stato il secondo giorno in cui sono arrivato, quando ho dovuto gestire una distribuzione di quattro camion di aiuti, per cui mi sono sentito subito messo alla prova ed è stata una grande soddisfazione. Sono tornato da Jinka, in South Omo, nel Sud dell’Etiopia, dove ho lavorato come amministrativo. Ero già stato in Africa, ho vissuto per due anni in Uganda, nei dintorni di Aber, ma non avevo mai operato con il Cuamm. Mi ha colpito positivamente l’approccio del team di Jinka, professionale e accogliente. Sono stato soddisfatto, perché non è stata soltanto un’esperienza da impiegato ordinario, ma ho ricoperto un ruolo attivo nelle progettualità in corso, gestendo operativamente le attività assieme ai capiprogetto.
Sono stati faticosi gli spostamenti nel Paese, con voli frequenti e lunghi, ma allo stesso tempo occasione di conoscenza… per me che temevo di restare dietro ad una scrivania! Visitavo il villaggio di Turmi una volta ogni due settimane, verificavo che i programmi di sensibilizzazione procedessero bene, contribuivo alla distribuzione dei kit sanitari alle comunità remote e mi occupavo di raccolta dati. Gli Etiopi sono una popolazione forte, indipendente, più riservata rispetto ai Kenioti o agli Ugandesi che ho avuto l’opportunità di conoscere. Nel complesso, comunque, le relazioni con i colleghi sono state ottime. Poi, ero curioso di scoprire le culture delle tribù etiopi e i contesti rurali.
Ho assistito anche a giornate complicate, quando sono entrati dal Nord gruppi armati nella città di Jinka per questioni politiche e ci sono stati scontri, vittime e case incendiate. Purtroppo, ero già stato testimone di situazioni del genere in altri Paesi, invece per alcuni colleghi questa era la prima volta, per cui si sono spaventati. Generalmente, il South Omo non è una zona pericolosa, ma i tumulti possono sempre succedere».
Quello che non si vede…
«È l’impegno degli operatori locali del Cuamm che diffondono alle giovani donne, con energia, di villaggio in villaggio, un messaggio semplice, ma chiave per la loro salute e per quella dei loro bambini: “Venite in ospedale per partorire, perché è sicuro, non rimanete a casa o nel bush”. E le donne Hamer (nella foto sotto, durante un’attività di screening) rispondono in maniera convinta all’appello.
Un collega che è diventato amico è Muluken, amministrativo come me, che ho ammirato per il suo percorso di miglioramento, al quale ho avuto il piacere di contribuire e assistere. È diventato un impiegato completo, con responsabilità e un buono stipendio. Il Cuamm fa crescere e cresce con le persone!».