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28 luglio Giornata mondiale dell’epatite

Il programma “Proteggere mamme e bambini a Wolisso e a Jinka”, sostenuto dalla Regione Veneto in collaborazione con Medici con l’Africa Cuamm, offre misure di prevenzione e di controllo dell’epatite B nella zona del South Omo, in Etiopia.

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    “Non possiamo aspettare”. È questo il messaggio scelto dall’Organizzazione mondiale della Sanità per la Giornata internazionale contro le epatiti, che si celebra il 28 luglio. Un’occasione per ricordare che un mondo libero dalle epatiti è possibile, grazie alla vaccinazione, agli screening e all’utilizzo di farmaci che agiscono direttamente sul virus e ne permettono l’eliminazione in oltre il 95% dei casi.

    Occorre agire adesso. Per questo, Medici con l’Africa Cuamm e Regione Veneto sostengono il progetto “Proteggere mamme e bambini a Wolisso e a Jinka”, in partenariato con il Comune di Padova e la Cooperativa “Il Graticolato”, per sconfiggere l’epatite B nella zona del South Omo, in Etiopia.

    «Prima dell’avvio del programma, attivo dallo scorso gennaio, – spiega Eleni Hagos, pediatra del Cuamm – lo screening dell’epatite B sulle mamme al momento del parto e sui bambini in terapia intensiva neonatale, non veniva effettuato regolarmente. Ora, invece, è diventato routine. La maggior parte delle strutture sanitarie di Wolisso e di Jinka oggi è sensibilizzata sull’importanza della prevenzione dell’epatite B, attraverso la vaccinazione dei neonati, con un impatto enorme sulla salute della comunità. Fondamentale la componente di formazione degli operatori sanitari, che pone un’enfasi significativa sulla prevenzione della trasmissione dell’epatite B da madre a figlio».

    Si tratta di uno dei progetti-pilota per l’avvio di una campagna sanitaria nella regione meridionale dell’Etiopia e, probabilmente, anche a livello nazionale: il Ministero della Salute etiope sta lanciando nuovi piani per prevenire la trasmissione da madre a figlio dell’epatite B, della sifilide e dell’Hiv.

    «Tra i pazienti che abbiamo seguito, – continua Eleni – ricordo una mamma del popolo Hamer, che è stata indirizzata al nostro ospedale, perché aveva partorito due gemelli pretermine e di basso peso. L’invio proveniva da uno dei centri sanitari rurali. Durante l’anamnesi, la donna ha raccontato di avere partorito, senza alcun aiuto, tra i cespugli vicino a casa. Si è recata, poi, alla struttura sanitaria, perché i suoi figli non riuscivano a bere il latte. Come parte dello screening contro l’epatite B, le abbiamo fatto il test ed è risultata positiva. Anche se erano passate 24 ore dal suo arrivo, le abbiamo somministrato il vaccino contro l’epatite B per sfruttare la finestra di 72 ore, poiché è ancora possibile prevenire la trasmissione. Le abbiamo iniettato anche l’antitetanica, dal momento che il parto era avvenuto per terra con alto rischio di infezione. Grazie alle nostre cure, i suoi bambini hanno iniziato a nutrirsi e dopo una settimana sono stati dimessi in salute, assieme alla neomamma».

    Il programma in sintesi

    La campagna “Proteggere mamme e bambini a Wolisso e a Jinka” si concluderà il prossimo dicembre. Le attività promosse consistono nell’assistenza tecnica da parte di personale sanitario selezionato, coordinato da un pediatra locale, e nella formazione “on the job” di professionisti per il monitoraggio e la raccolta di dati presso le strutture sanitarie target in South Omo. All’ultimo corso di formazione su diagnosi e somministrazione del vaccino contro l’epatite B hanno partecipato 42 persone, di cui 29 hanno superato positivamente il test finale con oltre l’80% di punteggio. Sono state realizzate, inoltre, attività di sensibilizzazione, un round di supervisione presso le unità sanitarie periferiche della zona del South Omo, incontri di advocacy e di discussione in gruppo con le autorità etiopi.

    I risultati intermedi del progetto

    Da gennaio a giugno 2022, nelle strutture sanitarie situate nell’area d’intervento del progetto – Jinka General Hospital, Koybe Primary Hospital, Gazer Primary Hospital e Turmi Health Center – è stato registrato un totale di 1.851 donne che hanno beneficiato della loro prima visita prenatale nelle strutture sanitarie e, nello stesso periodo, un totale di 2.841 donne che hanno partorito nelle strutture con un record di 2.875 neonati. Nello stesso periodo, 1.161 donne hanno completato lo screening per l’epatite B e 49 sono state registrate come positive. Nell’ospedale di St. Luke sono state sottoposte a screening per l’epatite B 312 madri su un totale di 943 donne che hanno effettuato la prima visita prenatale e 12 sono risultate positive.

    Perché l’epatite B è così diffusa nel villaggio di Turmi

    «Esistono pratiche culturali nel villaggio di Turmi, una zona del South Omo – spiega Kusse Koirita, capoprogetto del Cuamm – che possono contribuire all’alta incidenza dell’epatite B. I fattori sono molteplici e risiedono nelle pratiche tradizionali che, talvolta, rischiano di avere implicazioni significative sulla salute. In primis, la cerimonia durante il “salto del toro”, in cui le donne sono colpite con lo stesso bastone fino a sanguinare, il che predispone alla contaminazione.

    Un altro veicolo di trasmissione dell’epatite B è la danza “Evangadi”, tramandata di generazione in generazione, celebrata di notte per festeggiare un buon raccolto agricolo o la pace; in questa occasione, le ragazze possono essere esposte a rapporti sessuali non protetti. Anche il parto a domicilio rappresenta un altro fattore che contribuisce alla diffusione dell’epatite B: le assistenti al parto tradizionali non sempre rispettano le norme igieniche e indossano i guanti».

    La sensibilizzazione e l’educazione alla salute delle comunità, assieme alla formazione del personale, diventano, perciò, elementi essenziali per proteggere mamme e bambini.

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