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Una nuova clinica per le malattie croniche

Nel villaggio di Pujehun, in Sierra Leone, è stato appena inaugurato uno spazio per curare pazienti che soffrono di diabete, ipertensione ed altre patologie croniche, in forte aumento nel Paese. Giacomo Marro, medico Cuamm, testimonia la nascita della clinica, tra difficoltà e piacevoli sorprese.

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    «Help for life and health for all! Con questo messaggio di speranza e di impegno, scelto dal personale sanitario, è stata inaugurata, ufficialmente, in una struttura riabilitata dal Cuamm, la clinica PEN-Plus per le malattie croniche non trasmissibili dell’ospedale governativo di Pujehun. Si tratta di un grande passo avanti, realizzato grazie al progetto PEN-Plus, in collaborazione con il Ministero della Salute e dei Servizi igienico-sanitari della Sierra Leone, con i fondi del Brigham and Women’s Hospital e dell’NCDI Poverty Network.

    Operativa dallo scorso dicembre, da febbraio 2023 si è spostata nel nuovo edificio dove, per ora, sono seguiti circa 170 pazienti, la maggior parte con patologie croniche comuni, come l’ipertensione e il diabete di tipo 2, ma anche diabete mellito di tipo 1, anemia falciforme, asma, malattie croniche del fegato ed epilessia. La clinica prevede la fornitura delle medicine e gli esami di laboratorio disponibili, gratuiti per tutti i pazienti. Con l’attivazione del servizio in un ambiente accogliente e l’annuncio all’intera comunità, ci aspettiamo un notevole incremento del numero degli accessi, volto a colmare il grande gap del diritto alle cure attualmente vigente nel distretto di Pujehun.

    Sono stati già raggiunti alcuni risultati, come la complessa presa in carico dei pazienti insulino-dipendenti con diabete di tipo 1 in un’area in cui, fino a pochi mesi fa, l’insulina non c’era e in pochi sapevano usarla. Adesso abbiamo pazienti giovani che a casa misurano la glicemia con il glucometro, redigono il diario glicemico e sono in grado di autosomministrarsi l’insulina. L’obiettivo è quello di creare un luogo di salute per tutti e tutte che diventi un punto di riferimento per la presa in carico delle NCDs (noncommunicable diseases) e delle emergenze-urgenze correlate, per sviluppare campagne di informazione sui determinanti di salute (dall’acqua al cibo, al sistema fognario) per la popolazione e decentralizzare servizi consolidati nelle unità sanitarie territoriali. Un processo lungo e complesso che, assieme ai colleghi, ho contribuito ad avviare e che vedo crescere ogni giorno tra imprevisti, difficoltà e piacevoli sorprese!

    Assistere ai progressi degli infermieri e dei clinical health officer nella pratica medica quotidiana, ogni tanto, mi commuove e mi sprona a proseguire il lungo processo di formazione per raggiungere livelli di assistenza accettabili. Anche il rapporto con i pazienti e i loro parenti mi riempie le giornate, quando riesco a dedicarmici: ringraziano per quello che fai, sempre e comunque, e ogni tanto mi regalano un ananas, anche se non hanno niente. Il parallelismo con il contesto italiano, dove il personale sanitario è più spesso oggetto di lamentele che non di riconoscenza, balza subito alla mente. Ma la soddisfazione, di gran lunga maggiore, è il fatto di aver avviato il processo di creazione di una clinica da zero con tutti i problemi organizzativo-burocratici annessi. Ho scoperto e studiato gli aspetti che si celano dietro la costruzione di un luogo di salute e questo mi sarà utilissimo professionalmente.

    Non immaginavo che dietro alla nascita di un progetto dalle fondamenta ci fossero così tanti elementi da considerare, questioni da affrontare: dalla scelta della macchina di laboratorio e dei reagenti alla fornitura di energia elettrica, tra pannelli solari e generatore, dall’ordine dei farmaci per un trimestre alla quotidiana registrazione dei prodotti consumati per garantire le scorte. In Italia, lavorando come medico in un ospedale pubblico, si danno per scontato molte cose, ma in verità per garantire il funzionamento di una struttura sanitaria concorrono mille processi e figure professionali. Un’altra sfida quotidiana è intervenire sui determinanti di salute in un contesto che non ha le risorse. Immaginiamo di spiegare ad un paziente diabetico a Pujehun che deve ridurre il consumo dell’unico cibo disponibile tutti i giorni, ovvero il riso. Lui sorride e chiede: “Dottore mi dai tu, allora, da mangiare? Perché, altrimenti, muoio di fame!”. Sta proprio qui una delle nostre battaglie più grandi».