Medici con l'Africa Cuamm

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Ti do la mia parola

“Che cosa significa partire con il Cuamm grazie al Servizio Civile Universale? Rispondi con una parola!”. Lo abbiamo chiesto alle nostre volontarie sul campo. Un piccolo bilancio dell’esperienza, a metà del percorso formativo.

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    «Imprevisto! Imprevisto è la parola che descrive, al meglio, il mio percorso come infermiera all’ospedale di Pujehun, dove ogni giorno mi sveglio e mi chiedo “Che cosa succederà oggi?”. I contrattempi sono quotidiani, ma diventano occasione di stimolo, entusiasmo e voglia di andare avanti, superando gli ostacoli. Apprezzo questo dinamismo che il reparto maternità offre. Tra poco inizieremo un programma di training per gli infermieri, perciò sto preparando le lezioni con il collega Adrien. Ci sono, ad esempio, monitor per l’ECG che vengono ancora utilizzati poco, per cui vorremmo implementare le capacità del personale sanitario e sfruttare al massimo le risorse disponibili. Avendo studiato al liceo artistico, mi metterò anche a rinnovare il murales all’ingresso del compound! Insomma, tanti impegni mi aspettano per la seconda parte dell’anno».

    Beatrice Sessarego, in Servizio a Pujehun, in Sierra Leone

     «La mia parola è in lingua swahili: “Amna shida”, che significa “Nessun problema”. Una filosofia di vita che sto imparando dai colleghi tanzaniani che, anche quando si trovano in una situazione di difficoltà, non perdono mai la speranza. Prima di iniziare l’avventura con il Cuamm, la routine frenetica di Milano, città in cui ho studiato, mi ha stressata. Ora mi trovo in un Paese in cui occorre mantenere la calma e dove mi insegnano che tutto, prima o poi, si risolve, perciò non bisogna correre. Spero di portarmi dietro questa serenità quando tornerò in Italia».

    Elena Piccinini, in Servizio a Dar es Salaam, in Tanzania

     «Per me Aber è vita! Cambiare prospettiva mi ha aiutato a pormi domande e a riflettere su come ho vissuto fino ad oggi. Non c’è un modo giusto o sbagliato, ma esistono infinite sfaccettature e la voglia di vivere l’Africa me la fa venire! Sono partita come infermiera, con l’obiettivo di crescere non tanto professionalmente, quanto umanamente, alla ricerca delle “diverse interpretazioni di Veronica”. Un desiderio, quello di conoscere l’Africa, che da tempo nutrivo. A Lampedusa ho lavorato per un periodo nella primissima assistenza ai migranti e da lì è nata l’esigenza di scoprire che cosa ci fosse ancora più giù. Grazie al Cuamm ho potuto tessere questo filo rosso, che mi auguro non si spezzi più».

    Veronica Grasso, in Servizio ad Aber, in Uganda

     «Non è semplice trovare una parola che esprima la bivalenza che sto vivendo: da un lato, l’aspetto positivo di percorso umano, dall’altro la difficoltà di non potere esercitare appieno la mia professione, in quanto volontaria. Userei la parola scommessa. Il Servizio Civile è una scommessa, perché non si sa al 100 per cento come possa andare. Sicuramente, è d’aiuto per ragionare sul proprio futuro e per stringere nuove amicizie. Polly, ad esempio, la nostra house keeper, è diventata una sorella. Bellissimo vedere come persone che vivono in parti del mondo lontane, come Polly e me, si possano sentire così vicine. Mi piacerebbe ripartire come infermiera professionista, perché sento troppo la mancanza del coltivare una relazione anche con i pazienti».

    Maria Chiara Barbesino, in Servizio ad Aber, in Uganda

     «Fede è la parola che scelgo. Qui vita e morte si sfidano, correndo in una gara in cui la vita cerca di spuntarla sempre. E la fede, intanto, illumina la pista. È questa la sintesi della mia esperienza come ostetrica a Chiulo. La fede è stata la mia motivazione. Non sarei riuscita ad affrontare le difficoltà senza la fede, che è ciò che mi spinge ad agire. Del resto, Chiulo vive con la luce del sole! Non vedo l’ora di continuare il mio impegno alla “Casa de Espera”, uno spazio in cui ho legato con mamme e bambini, anche attraverso il gioco, inventandolo, con qualche matita colorata!».

    Chiara Nespoli, in Servizio a Chiulo, in Angola

     «Per me il Servizio Civile è un percorso ad ostacoli. Sto andando in una direzione, di crescita e di arricchimento, ma le criticità da superare sono quotidiane, personali e lavorative. Riesco a vedere da vicino e a partecipare al lavoro che il Cuamm svolge attraverso i propri progetti e anche a vivere la realtà dell’ospedale e della comunità che lo circonda, avendo avuto, per esempio, l’opportunità di visitare centri di salute o di collaborare con le infermiere della pediatria per i programmi di early childhood development. Credo che il contesto di Wolisso e l’esperienza di Servizio Civile mi stiano portando a capire molto su me stessa, per affrontare le sfide quotidiane con più filosofia. E la vita di comunità è fondamentale: un “bunna” insieme sistema qualsiasi momento storto!».

    Letizia Scarazzato, in Servizio a Wolisso, in Etiopia

    «La mia parola è crescita, soprattutto lavorativa. Riconosco, a distanza di qualche mese, il percorso fatto. Sicuramente, ho imparato a lavorare su tanti aspetti differenti contemporaneamente, grazie ad una buona programmazione. È la prima volta che svolgo il ruolo di capoprogetto e vorrei crescere ulteriormente, affinando le mie competenze in ambito di accesso ai diritti per gli individui più vulnerabili fino a diventare gender specialist per promuovere l’uguaglianza di genere e l’empowerment e garantirne l’integrazione in ogni ambito. La voglia di crescere insieme, di imparare, la ritrovo anche nel lavoro con colleghe e colleghi locali, rispetto ai temi che risultano culturalmente più difficili e sfidanti come le safeguarding policies su cui sto facendo formazione. Si tratta delle politiche di salvaguardia per la prevenzione dello sfruttamento sessuale, degli abusi e delle molestie nell’ambito delle attività di cooperazione e di intervento umanitario. Durante il training, si genera sempre dibattito e c’è uno scambio di punti di vista e di proposte migliorative. È davvero bello vedere il legame forte che lo staff ha con il Cuamm, il senso di appartenenza e di riconoscimento nella sua missione e nei suoi valori».

    Fede Bagolin, in Servizio ad Addis Abeba, in Etiopia

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