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Un traguardo storico il vaccino contro la malaria

Via libera dell’Oms al primo vaccino contro la malaria: RTS, S/AS01. Un traguardo storico. Testato in 3 paesi, Ghana, Malawi e Kenya, su 800mila bambini dal 2019, con la somministrazione di oltre 2,3 milioni di dosi, il vaccino RTS, S/AS01, che l’Oms raccomanda, ha dato buoni risultati. Riduce del 30% i casi di malaria grave e, se utilizzato insieme ad antimalarici, riduce anche del 70% i casi di ricovero e di morte per malaria.

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    Via libera dell’Oms al primo vaccino contro la malaria: RTS, S/AS01. Questa è una buona notizia, anzi ottima. Un traguardo storico. E quando ci sono delle notizie belle, è importante condividerle e diffonderle il più possibile. Nel 2019, 230 milioni sono stati i casi di malaria registrati nel mondo, 400mila le persone che hanno perso la vita a causa di questo parassita; di questi, 260mila bambini, solo in Africa. 712 bambini al giorno, 30 all’ora. L’Africa rappresenta il 94% delle morti nel mondo per questa malattia. Un dramma che viviamo ogni giorno negli 8 paesi in cui il Cuamm opera. Solo nel 2020,sono stati 2.166.000 i casi diagnosticati nelle strutture in cui siamo presenti e 1.261 i morti Ma ora l’Africa ha una speranza nuova.

    Testato in 3 paesi, Ghana, Malawi e Kenya, su 800mila bambini dal 2019, con la somministrazione di oltre 2,3 milioni di dosi, il vaccino RTS, S/AS01, che l’Oms raccomanda, ha dato buoni risultati. Riduce del 30% i casi di malaria grave e, se utilizzato insieme ad antimalarici, riduce anche del 70% i casi di ricovero e di morte per malaria.

    «È un traguardo importante di cui siamo molto contenti e ringraziamo la comunità scientifica e quanti hanno lavorato per raggiungerlo – afferma Giovanni Putoto, responsabile Programmazione e ricerca operativa di Medici con l’Africa Cuamm –. In molte zone dell’Africa la malaria è endemica, i casi aumentano, la popolazione continua a crescere e così anche il rischio di contrarre la malattia. Questo vaccino sarà sicuramente di grande aiuto, anche se non bisognerà abbassare la guardia, ancor più oggi, dopo la recente scoperta dello sviluppo di una resistenza all’ Artemisina, che in Africa è il principale farmaco per curare la malaria. Sarà necessario continuare con gli interventi di Salute pubblica, con la distribuzione delle zanzariere, con la sensibilizzazione e l’informazione della popolazione, soprattutto delle mamme, che dovranno portare i propri bambini, ben 4 volte al centro di salute per ricevere il vaccino contro la malaria. L’RTS, S/AS01 sarà infatti somministrato in 4 dosi, 3 a distanza di un mese, tra i 5 e i 7 mesi di età e un’ultima dose a 18 mesi di vita. Anche per questo sarà necessario un significativo sforzo di logistica e organizzazione».

    E proprio in questi giorni un’ondata molto pesante si sta abbattendo sul Sud Sudan: «Nel mese di agosto abbiamo visto un enorme aumento del numero di visite ambulatoriali, passate da 49.793 a 82.186, principalmente a causa dell’epidemia stagionale di malaria – racconta Chiara Scanagatta –. I dati di settembre saranno probabilmente ancora peggiori e le strutture sanitarie supportate vedranno a rischio la loro capacità di continuare a offrire servizi curativi nelle prossime settimane. Nell’Ospedale statale di Rumbek ciò che è più impressionante è l’incremento del 72% nel numero di ricoveri per malaria, passato da 1.558 a 2.678 in un mese, con il reparto pediatrico che riporta il 95% di pazienti in più, da 887 a 1.729».

    La strada che abbiamo davanti è ancora lunga. Medici con l’Africa Cuamm non si tirerà indietro e continuerà nel suo impegno quotidiano, con l’aiuto di tanti che ci accompagnano.

    «Il vaccino, quindi, sarà sicuramente un ottimo strumento in più, ma noi dovremo continuare a fare la nostra parte, così come dovranno continuare a farla i potenti della terra, che purtroppo, in questi ultimi anni, hanno ridotto ulteriormente le risorse e gli aiuti per Paesi in via di sviluppo. Senza perdere di vista anche tutte le altre vaccinazioni, che a causa del Covid-19 hanno subito pesanti ritardi in Africa dove siamo tornati indietro di circa 3-5 anni. Per non parlare dell’aspetto produttivo: il 99% dei vaccini che arrivano in Africa è importato. La speranza è che si impari e si ponga attenzione davvero ai bisogni dei paesi e delle popolazioni più povere, sia nella produzione che nella distribuzione, come per esempio, nel caso del vaccino contro l’Ebola che ha messo in campo una buona collaborazione tra pubblico e privato che ha funzionato bene» conclude Giovanni Putoto.

     

    P1040370Uganda014©NicolaBerti_NL

     

     

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