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In Sud Sudan “Un vaccino per “noi” diventa realtà.

In tre giorni: 549 persone vaccinate a Rumbek e 119 a Cueibet, 24 a Yirol. Un grande traguardo, il segno tangibile che “Un vaccino per “noi”, sta diventando realtà, anche null’ultimo miglio, persino in Sud Sudan.

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    Grande gioia ed emozione profonda. Sono i sentimenti che nascono guardando le foto che arrivano da Rumbek, in Sud Sudan. Nell’ospedale in cui opera il Cuamm, il 14 giugno, è stato ufficialmente aperto un Punto vaccini contro il Covid-19. Un sogno che si realizza. Davvero il vaccino, dalla capitale Juba, è arrivato in una delle zone più periferiche a 418 chilometri, a sei ore di fuoristrada se le percorri in auto. «Fin dallo scoppio della pandemia l’ospedale di Rumbek è stato uno di quelli si è attrezzato per gestire i casi di Covid – racconta Chiara Scanagatta, responsabile Progetti in Sud Sudan –. Abbiamo creato un’area di isolamento, dei punti di screening all’ingresso, una procedura per il trattamento dei casi, è uno dei centri che può fare test Covid. Nel 2020, l’ospedale di Rumbek ha screenato 55.364 persone e ha ricoverato presso l’unità di isolamento 17 pazienti, di cui 8 risultati positivi. Riuscire a includere anche la parte vaccinale è la prosecuzione coerente e importante del percorso intrapreso».

    Il Centro vaccini di Rumbek non ha nulla dei centri occidentali, che siamo abituati a vedere, è una semplice tenda, allestita con delle sedie di plastica, qualche tavolo e dei semplici separatori. Ma è tantissimo, è tutto quello che serve. La gente attende il suo turno, in file ordinate, distanziati, ognuno con la mascherina in volto e con un foglio di carta in mano. Negli occhi la curiosità o forse la speranza di avere una protezione in più contro il Covid-19, questa malattia che, un po’ alla volta, stanno capendo non essere “solo dei bianchi”. Le stime dicono 10.988 casi di Covid in Sud Sudan. La realtà è che i numeri sono ampiamente sottostimati perché non si fanno tamponi, non si fa diagnosi, perché la gente vive sparsa.

    «Abbiamo organizzato questa campagna in pochissimo tempo, lavorando a ritmo serrato – racconta Paola Pasin, farmacista a Rumbek –. C’erano delle dosi di Astrazeneca che rischiavano di essere sprecate perché stavano scadendo nella capitale. Così il Ministero ci ha chiesto aiuto, ce le hanno inviate e in pochi giorni abbiamo organizzato il tutto. Primi a essere vaccinati gli operatori sanitari e tante altre persone, dai 18 anni in su. È stata una grande festa, con musica, thè, caffè, cibo locale, la gente si è divertita e si è vaccinata. Un traguardo importante!».

    Un segno concreto di speranza per chi lavora in ospedale e per tutta la popolazione. E Chiara Scanagatta precisa: «In Sud Sudan, la prima fase di vaccinazione è stata concentrata solo in capitale a Juba e indirizzata allo staff sanitario e alle persone con più di 65 anni. In questo modo però le dosi rischiavano di andare perdute, così a livello centrale si è deciso di allargare le vaccinazioni anche alle zone periferiche, cominciando dagli ospedali. Come Cuamm supportiamo 5 ospedali e ci siamo da subito attivati. Prima c’è stata la formazione del personale, poi allestito un’area per i vaccinazione e ora garantiamo il supporto logistico e tecnico perché le dosi dal punto in cui sono conservate, arrivino al centro vaccini, rispettando la catena del freddo. A Rumbek le vaccinazioni sono cominciate il 14 giugno, e nei giorni successivi siamo partiti anche a Yirol, Lui, Cueibet e Maridi. In tre giorni, sono state vaccinate 549 persone (193 persone dello staff sanitario e 356 della popolazione). A Cueibet siamo a 119 e a Yirol, 24».

    L’impegno dei Medici del Cuamm e di tutti gli operatori prosegue per non lasciare indietro nessuno, in modo che tutte le dosi assegnate dal Covax alle zone del Sud Sudan in cui operiamo arrivino a destinazione.