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Il ciclone Freddy colpisce Quelimane, in Mozambico

Si è abbattuto la notte tra l’11 e il 12 marzo sul Mozambico, colpendo soprattutto al città di Quelimane nella Provincia della Zambesia. Oltre 200.000 le persone colpite dalla devastazione della tempesta più di oltre 18.000 case distrutte, 37.200 persone sfollate riunite in 55 centri di accoglienza, 29 solo a Quelimane. Più di 191.562 ettari di culture distrutte; 50 centri sanitari danneggiati e 53 persone decedute. Il racconto di Chiara, da Quelimane.

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    «Sembrava non finire più, una notte lunghissima, in cui sono rimasta sempre sveglia con le orecchie tese e il fiato sospeso, a scrutare dalla finestra, quel poco che riuscivo a vedere. E come sottofondo, un continuo rumore di vetri rotti, di vento fortissimo, di lamiere divelte, ovvero i tetti della maggior parte delle case. Per fortuna la mia abitazione si trova al secondo piano di una palazzina di tre, ed ero abbastanza al sicuro, perché non entrava acqua dal tetto e nemmeno saliva dal suolo. Ma la notte sembrava non finire più, soprattutto perché erano saltate luce e collegamenti con il resto del mondo ed ero da sola».

    Chiara Picelli, amministrativa Cuamm, è tranquilla ora, anche se ci racconta di non aver mai vissuto una situazione simile in 11 anni di Africa. Ore e ore di attesa e paura, a sperare che passasse il prima possibile. Sono trascorsi alcuni giorni dal passaggio del ciclone Freddy che, sabato e domenica scorsi ha colpito duramente il Mozambico, in particolare Quelimane e le zone limitrofe, a una velocità di 148km/h e ora si contano i danni. Oltre 200.000 le persone colpite dalla devastazione della tempesta più di oltre 18.000 case distrutte, 37.200 persone sfollate riunite in 55 centri di accoglienza, 29 solo a Quelimane. Più di 191.562 ettari di culture distrutte; 50 centri sanitari danneggiati e 53 persone decedute, nelle Province di Zambesia, Sofala, Nampula e Manica. Un ciclone eccezionale, perché il primo che si è abbattuto, per due volte, sulle stesse zone e per il periodo più lungo mai registrato nella storia dei cicloni. Partito i primi di febbraio nell’Oceano indiano sud-orientale, ha sfiorato le Mauritius e si è abbattuto dapprima su Madagascar e Mozambico tra il 20 e il 24 febbraio. Tornato al largo dell’Oceano Indiano, ha poi invertito la rotta e si è nuovamente scagliato su Malawi e Mozambico.

    «Tantissime case sono distrutte e sono senza il tetto, anche la Cattedrale è stata scoperchiata, oltre a diversi centri di salute che hanno dovuto interrompere il loro servizio – riprende Chiara –. Molti colleghi locali hanno subito danni davvero pesanti e sono ancora senza acqua e senza corrente, perché il vento e la pioggia hanno distrutto gli allacciamenti. Moltissimi gli alberi sradicati, anche davanti al nostro ufficio. Per fortuna eravamo riusciti a coprire le finestre con dei pannelli di legno e questo ci ha protetti. Il centro di salute di Mocuba, dove come Cuamm abbiamo un intervento, è completamente isolato, non si può raggiungere perché la strada e il ponte sono ancora allagati».

    Come Cuamm stiamo cercando di affiancare le autorità sanitarie locali nella risposta ai primi bisogni, a partire anche solo dalla fornitura di cibo. E mentre iniziano a verificarsi i primi casi di colera, a Quelimane è ricominciato a piovere.

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