Medici con l'Africa Cuamm

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Hiv/Aids Vivere come una persona “sana”

Nella Giornata mondiale contro l’Aids, la storia di Furaha, in Tanzania, ci riporta in una quotidianità che oggi non fa notizia, ma che ha dati allarmanti anche a causa del Covid-19. L’impegno quotidiano del Cuamm prosegue, con un’attenzione speciale per gli adolescenti.

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    «Nella mia vita ho fatto il test parecchie volte e non ho mai avuto brutti risultati, sono sempre stata negativa. Dopo essere rimasta incinta del mio terzo bimbo, mi sono testata di nuovo e sono risultata negativa, ma mi hanno consigliato di ripetere il test dopo tre mesi. Non l’ho fatto. Ho partorito e ho allattato il mio bambino per tre mesi, momento in cui lui ha cominciato a stare male. L’ho portato all’ospedale regionale e gli hanno diagnosticato dei problemi ai polmoni. È rimasto 4 giorni in terapia intensiva. Dopo le dimissioni, continuava a stare male, così l’ho portato a Ngokolo.  Qui mi hanno chiesto se ero pronta a fare il test per l’Hiv. Ero positiva».

    Furaha ha 23 anni, uno spirito forte e un sorriso che trasmette gioia e voglia di vivere. Gioia è proprio il significato del suo nome. Abita in Tanzania, nella regione di Shinyanga, dove Medici con l’Africa Cuamm è presente e ha un importante intervento di lotta all’Hiv/Aids, anche nel centro di Ngokolo. Dopo aver scoperto di essere sieropositiva, ha acconsentito a fare il test anche a suo figlio, promettendo di non abbandonarlo in caso di positività. E così è stato. «E’ il Signore che decide. Ero con il mio bambino quando era nella mia pancia e sarei stata con il mio bambino anche nella vita». E continua: «Abbiamo cominciato entrambi a prendere le medicine e ora stiamo bene. Continuo a ringraziare il Signore, perché io mi sento bene, mi sento una persona sana e sono viva. La mia è una vita normale. Così ho deciso di parlare, di dire a tutti ho l’Aids, non ho paura di avere l’Aids, non sono la sola. Mi vedo uguale a tutte le altre persone, adesso!».

    La sfida più grande, per Furaha e per tante persone come lei, è quella dell’aderenza alla terapia, soprattutto in tempi di Covid-19, in cui le persone hanno timore di andare in ospedale o nei centri di salute, a ritirare i farmaci che devono assumere costantemente, perché non vogliono prendersi il Covid. Furaha, però, non è sola. Fa parte di un gruppo di persone che si aiuta e si sostiene a vicenda.

    Secondo i dati di UnAids, 37,7 milioni di persone nel mondo vivono con l’’Hiv/Aids. Il 67% di queste vive in Africa sub-Sahariana. Nel 2020 sono stati 1,5 milioni i nuovo contagi e 680.000 le persone morte a causa dell’Aids e di cause correlate. La pandemia del Covid non ne ha fermato la diffusione, anzi ha ridotto pesantemente il numero di persone che hanno iniziato il trattamento. Ogni giorno ci sono 4.000 nuove infezioni, il 60% avviene in Africa. Il 90% sono adulti con più di 15 anni, di questi il 31% giovani tra i 15 e i 24 anni e il 20% giovani donne tra i 15 e i 24 anni.

    I giovani. Una categoria di persone su cui si sta concentrando molto anche il Cuamm, come racconta Giovanni Putoto, responsabile della Programmazione e ricerca operativa: «In ogni paese in cui operiamo cerchiamo di garantire i servizi di diagnosi e cura dell’Hiv/Aids. Purtroppo in questo ultimo periodo abbiamo registrato una riduzione dell’aderenza alle terapie dei malati di Hi/Aids pari circa al 20-30%. Come Cuamm ci stiamo concentrando molto sugli adolescenti, perché è l’unica categoria in cui l’Hiv sta crescendo. E il problema è proprio riuscire a parlare con un adolescente, che non è un adulto, ha codici comunicativi, modi di pensare, relazioni, mondi, totalmente differenti dall’adulto. Spesso questi ragazzi hanno anche dei problemi di salute mentale annessi, vivono in situazioni di grande disagio sociale e familiare. Le ragazze poi sono quelle che soffrono di più, portando il peso di gravidanze indesiderate. Gli adolescenti hanno bisogno di risposte comunitarie, realtà come associazioni o gruppi che li coinvolgano e su cui fare sensibilizzazione e informazione, come a scuola o nello sport. Molte volte hanno bisogno anche di un supporto psicologico. Nel 2020, in Mozambico, tra Beira e Tete, sono stati testati 41.131 adolescenti e di questi 691 sono risultati positivi, con un’apparente siero-prevalenza dell’1,7%. Inoltre, in collaborazione con l’Università di Padova, abbiamo realizzato una ricerca su 1.800 ragazzi di Beira, in Mozambico, da cui è emerso che tanti hanno problemi mentali come depressione, ansia e disturbi suicidari. Sono tutte sfide nuovo che ci interpellano ogni giorno».

    L’impegno è tanto. Continua ogni giorno, dalla Tanzania al Mozambico, passando per il Sud Sudan, l’Etiopia e tutti gli altri paesi in cui il Cuamm opera, puntando molto sul lavoro in rete, sulla collaborazione con le Università e con i gruppi locali per arrivare davvero a tutti.

     

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