Medici con l'Africa Cuamm

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Condividere per sentirsi meno soli

Un libro può essere uno strumento potentissimo per creare connessioni. Con questo proposito nasce “Esperienze e modi di sperare”, un libro che ha l’obiettivo di combattere la discriminazione e l’emarginazione dei malati di HIV in Angola.

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    “Era un venerdì dell’anno scorso e come ogni venerdì lo staff si riuniva per discutere e valutare i dati raccolti durante la settimana: test HIV effettuati, numero di persone risultate positive e numero di quelle in cura, tasso di abbandono delle terapie. Un momento anche per condividere il racconto delle visite domiciliari effettuate” racconta Luciano Nigro, infettivologo Cuamm.

    Siamo in Angola, a Luanda, nell’ambito del progetto PIPSA (Protezione integrale delle persone sieropositive) focalizzato sulla prevenzione dell’Hiv e sul fornire assistenza continua e integrata alle persone che convivono con l’infezione. “Quando gli attivisti comunitari raccontano come sono andate le visite domiciliari alle persone sieropositive emerge sempre la grande solitudine, la discriminazione e l’emarginazione che molto spesso affliggono chi vive con l’Hiv” continua Luciano.

    La mancanza di informazioni e consapevolezza rispetto all’Hiv e all’Aids e soprattutto lo stigma legato all’infezione sono ancora molto diffusi e spesso causa di esclusione da parte della comunità. “Abbiamo iniziato ad interrogarci su come fosse possibile far sentire queste persone meno sole nella loro condizione – aggiunge Luciano-. Così ci siamo detti: “E se le storie che ascoltiamo ogni giorno diventassero un libro di più voci che raccontano ognuna la propria storia? Potrebbe essere il modo per far comprendere come si sentono i pazienti Hiv positivi, quali sono le loro difficoltà quotidiane e come insieme si possano affrontare stigma ed emarginazione in modo diverso”.

    Così è nato “Esperienze e modi di sperare” che racconta come si sente e come affronta la malattia una donna sieropositiva con due figli da crescere, senza il supporto di un marito, o come una ragazza viva lo stigma all’interno della sua stessa famiglia e come sia possibile superarlo grazie alla sensibilizzazione dell’intero nucleo familiare, o ancora lo sconforto e la desolazione che si può provare nel momento della diagnosi, ma anche la speranza per una vita migliore e normale se viene seguito adeguatamente il trattamento. E ancora, il racconto mette in evidenza l’essenzialità del lavoro degli attivisti comunitari.

    “Non credo che possiamo sapere fino in fondo quello che l’altra persona sente o vive, ognuno di noi ha il suo modo, ma sono convinta che ascoltare davvero con attenzione le storie degli altri ci aiuti a immaginare quello che stanno vivendo e questo è il primo passo per cercare di capirsi ed essere più solidali”, sottolinea Giulia Natali, coordinatrice generale del progetto PIPSA.

    I progetti che Cuamm realizza in 8 paesi dell’Africa Sub-sahariana sono fatti di dati, ma soprattutto di storie di vita delle persone con cui condividiamo ogni giorno un pezzetto di strada. Un insieme di voci può essere uno strumento potentissimo, può creare connessioni profonde e avvicinare chi magari crediamo distante.

    Il progetto, finanziato dall’Agenzia italiana Cooperazione allo Sviluppo, è realizzato grazie alla collaborazione dell’Unione Medico Missionaria Italiana (UMMI) insieme a Medici con l’Africa Cuamm ed altri partner in Angola: l’Ospedale Divina Provvidenza, la Ripartizione Municipale di Salute di Kilamba Kiaxi, la Direzione Provinciale di Salute di Luanda, l’Associazione Lotta all’HIV/AIDS e l’Associazione degli Amici delle Persone Sieropositive.

    Argomenti: Luoghi:
    Personale del progetto: 1 capo progetto, 2 infettivologi, 2 coordinatori, 10 attivisti, 3 infermieri e 1 psicologo

    Dati fino a giugno 2021

    • 32.520 persone testate dagli attivisti, di cui 21.400 donne e 11.180 uomini
    • 1.714 persone risultate anti-HIV positivi, di cui 1.143 donne e 471 uomini
    • 1.382 donne in gravidanza testate, di cui 68 risultate positive.
    • 28-37 anni, fascia di età con la percentuale di positività più alta
    • 1.354 visite domiciliari effettuate e 5.520 telefonate

    Dati fino a settembre 2021

    • 80 persone ritornate in cura
    • 210 consulenze e supervisioni effettuate dagli infettivologi