Medici con l'Africa Cuamm

la salute è un diritto,
battersi per il suo rispetto
è un dovere
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Ripensare la gerarchia dei problemi

Le riflessioni di Umberto Farina, Junior Project Officer in Igiene e medicina preventiva, rientrato da Aber, in Uganda.

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    «Aber è l’ultimo miglio vero. Si trova in una regione isolata, un luogo fatto di capanne, qualche negozietto e una lunga strada rossa con tante mamme e bambini accoglienti. L’ospedale mi ha stupito, è curato e attrezzato rispetto alla media degli ospedali nei Paesi a risorse limitate. Inoltre, si tratta di un ambiente che permette di staccare dalle preoccupazioni superflue, inutili.

    Avevo acquisito, ormai, una routine. La giornata di lavoro iniziava alle 8.30, quando con il team dei colleghi locali uscivamo sul territorio, senza sapere l’orario di ritorno. A livello distrettuale, svolgevamo le supervisioni nei centri di salute per valutare servizi, leadership, gestione dei farmaci e molto altro. Non mancava mai un momento di feedback con gli operatori sanitari dei centri che supportavamo per risolvere le problematiche riscontrate. Ho seguito anche attività, come la campagna contro la malaria sul territorio, la digitalizzazione dell’ospedale di Aber e un programma sul miglioramento della qualità e dell’uso dei dati in ambito neonatale».

     Quello che non si vede…

    «Un progetto al quale mi sono dedicato è stato quello sul contrasto della violenza di genere, problema, purtroppo, sottovalutato perché la donna, pur essendo l’asse portante della famiglia, continua a ricoprire un ruolo marginale quando si parla di diritti. Come Cuamm abbiamo attivato un numero verde gratuito per i casi di violenza di genere. Abbiamo somministrato, poi, agli adolescenti degli youth corners un questionario per capire la loro esperienza e percezione sulla gender based violence. Questo studio ci ha permesso di ricavare dati dai quali partire per definire l’azione. Sono stati creati gruppi di peer educators, formati su tematiche di salute e diritti per sensibilizzare, a loro volta, gli altri membri della comunità».

    Quello che non si vede…

    «Mi ha sorpreso la pazienza della popolazione. In Italia siamo abituati al “tutto e subito”. Ho osservato mamme e bambini che attendevano ore sotto un albero di mango prima di essere visitati e lo facevano con calma e rispetto, non preoccupati di riempire a tutti i costi il “tempo perso”. Ci sono anche tante altre differenze: la semplicità della vita, il valore che assume. Ho imparato a fare attenzione a cose meno futili, focalizzandomi su quelle importanti per capire quanto sono fortunato.

    Ancora prima di entrare a Medicina immaginavo il medico come colui che sta “a fianco degli ultimi”. Quell’idea l’ho ritrovata nell’approccio del Cuamm e la condivisione di valori mi ha spronato a partire. Aber ha dato un senso ancora più concreto al mio lavoro. Ho scelto la specializzazione in Igiene e medicina preventiva perché interventi di salute pubblica permettono di produrre un impatto importante sulla società. Ed è in contesti come quello di Aber che la public health ha un ruolo ancora più evidente, anzi, fondamentale».

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