Spaziba doctor Grazie dottore
26 luglio – L’umanità impaurita, ma anche ostinata a non lasciarsi travolgere dagli eventi degli ultimi a Chisinau, Moldavia.

In Moldavia, lembo di terra con una storia tormentata, sfiorato dall’Asia e vicino all’Europa, ho incontrato un’umanità impaurita, ma anche ostinata a non lasciarsi travolgere dagli eventi, determinata a vivere una vita normale fatta di impegno, lavoro ma anche di svago e divertimento.
Quando parlo con le persone, avverto una sorta di ritrosia, quasi di pudore a parlare di guerra e di “invasione”, ma sono presenze che abitano la quotidianità e che affiorano di tanto in tanto nelle conversazioni di tutti i giorni.
I rifugiati rom ucraini sono accolti in un edificio scolastico dismesso dove riusciamo a garantire un minimo di assistenza di base grazie al prezioso e insostituibile aiuto di mediatrici linguistiche e dalle infermiere moldave. Il dialogo all’inizio è frenato dalla reciproca diffidenza, colgo la loro difficoltà ad affidarsi a qualcuno di estraneo al loro mondo, fatto di incertezza ed emarginazione, una situazione che li accompagna da sempre e che viene aggravata da questa guerra che li pone ultimi tra gli ultimi.
Elena, 65 anni, due occhi neri, vivaci e intelligenti, con una voce profonda da fumatrice incallita, racconta la sua storia di cefalea che periodicamente la tormenta. Assume saltuariamente la terapia ipotensiva, la sua pressione è molto alta, ed è venuta a farsi visitare perché vuole degli antidolorifici. Provo a spiegarle l’importanza di assumere la terapia tutti i giorni e non solo quando la pressione si alza, ma adduce con testardaggine mille argomentazioni per evitare di prendere i farmaci giornalmente. Al controllo successivo riusciamo con infinita pazienza e grazie al prezioso aiuto di Svetlana, l’infermiera, ad instaurare un dialogo fatto non solo di parole, ma anche di sguardi e di intesa, e così, alla fine, mi concede un po’ di fiducia ed inizia ad assumere i farmaci antipertensivi. La pressione si normalizza in pochi giorni, la cefalea scompare ed Elena diventa più serena e collaborativa. Quando le chiedo come sta, mi risponde in russo: «Khorosho (sto bene), spaziba doctor (grazie dottore!)».
Nulla di eroico in questo ambulatorio di una sperduta periferia d’ Europa, ma solo la fatica e tutta la bellezza di accogliere ed essere accolti per essere accanto a chi ha più bisogno.
Giorgio Dalle Molle, medico Cuamm