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Resistenza antimicrobica: una sfida sanitaria globale

Non solo medicina, la resistenza antimicrobica si lega alla salute umana, ambientale e animale, integrandosi nella cornice di salute globale chiamata One Health.

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    Meno di un secolo fa, la scoperta della penicillina rivoluzionò la medicina: fino al 1929, il mondo doveva convivere con morti quotidiane causate da infezioni prive di cure efficaci. Oggi, milioni di vite sono a rischio a causa di infezioni che non rispondono più ai trattamenti disponibili: è la minaccia della resistenza antimicrobica. Per sensibilizzare su questo tema, l’Oms celebra ogni anno, dal 2015, la Settimana Mondiale della Consapevolezza sulla Resistenza Antimicrobica dal 18 al 24 novembre.

    Un rischio sanitario globale

    Molti studi hanno evidenziato che ormai il pericolo non sono più solo gli agenti patogeni, ma anche i meccanismi che questi microrganismi adottano per difendersi dai nostri attacchi. Si chiamaresistenza antimicrobica e rappresenta una crisi globale sanitaria: infatti, batteri, virus, funghi e parassiti sono in grado di sviluppare meccanismi che li rendono insensibili ai farmaci pensati per ucciderli o inibirne la crescita, ovvero gli antimicrobici. All’interno di questo insieme, ciò che preoccupa maggiormente la comunità internazionale è l’antibiotico resistenza, la capacità dei batteri di resistere all’azione dell’antibiotico e di tramandare questo adattamento alle successive generazioni, compromettendo l’efficacia delle cure standard e impattando fortemente la qualità delle cure, rendendo anche infezioni comuni potenzialmente mortali.

    Questo fenomeno è alimentato dall’abuso di farmaci antibiotici nell’uomo e dal loro uso in ambiente ospedaliero, ma è fortemente connesso all’ambiente, all’uso di antibiotici negli allevamenti e in agricoltura, allo sversamento non corretto delle acque reflue (che contengono antibiotici ancora parzialmente attivi).

    Le stime dell’Oms danno la dimensione di un fenomeno serio: l’antibiotico-resistenza è già causa di morte. A livello globale si stimano 1.27 milioni (dati Oms) di vittime di infezioni resistenti agli antibiotici ogni anno, mentre nella regione africana si stimano 250.000 decessi direttamente attribuibili a batteri antibiotico resistenti.

    Il continente Africano

    In contesti di risorse limitate e in cui malattie infettive, sessualmente trasmissibili e tropicali hanno tassi di incidenza ancora molto alti, l’antibiotico resistenza ha un altro peso. L’Africa, da sola, conta il 95% delle morti globali per malaria, il 70% delle persone che convivono con Hiv e il 25% delle morti da tubercolosi (Africa Cdc).  I dati del 2019 hanno associato l’antibiotico resistenza a 55.000 morti per Hiv e 30.000 morti per malaria: una vera emergenza nel continente.

    Oltre all’uso eccessivo e scorretto di antimicrobici, nei contesti dei Paesi Africani sono le migrazioni, i tassi insufficienti di vaccinazione, le contaminazioni ambientali dovute agli scarichi ospedalieri e farmaceutici, la mancanza di accesso ad acqua pulita e sicura, nonché ai servizi igenici-sanitari, alle misure di prevenzione delle infezioni adeguate e una generale scarsa conoscenza e formazione a rendere più impattanti gli effetti. L’emergere della resistenza antimicrobica provoca ulteriore pressione sui sistemi sanitari e compromette gli esiti delle cure, perché i trattamenti standard diventano inefficaci, i ricoveri ospedalieri si prolungano, i costi sanitari aumentano.

    Cuamm e lo sforzo per la ricerca operativa

    Il tema della resistenza antibiotica è complesso e interdisciplinare: comprende e parte dalla dimensione clinica di cura del malato, ma si sviluppa in modo complesso fino ad arrivare all’ambito della sorveglianza epidemiologica e alla sanità pubblica. Proprio questo sguardo ampio è stato utilizzato per sviluppare e condurre le ricerche scientifiche alle quali Cuamm sta collaborando per approfondire la conoscenza sul campo in Uganda. Il progetto di ricerca Opt-AMR, guidato dal Centre for Infectious Disease Control in Zambia (Cidrz) e che vede Medici con l’Africa Cuamm coinvolto al fianco di Makerere University in Uganda, Malawi-Liverpool Wellcome Trust Centre (Mlw) e Liverpool School of Tropical Medicine, prevede infatti di indagare la gestione delle cure degli stati di febbre dei bambini e della somministrazione di antibiotici. In questo studio sarà analizzata la dimensione biologica della resistenza antibiotica, con la raccolta di campioni, per studiare direttamente le popolazioni batteriche, ma sarà studiata anche la dimensione della comunità, coinvolta nella gestione e somministrazione del trattamento. Infatti, nei contesti a risorse limitate, il personale delle strutture sanitarie, gli operatori di comunità, i guaritori tradizionali e i venditori di medicinali sono i primi riferimenti e coloro che possono intervenire prontamente nel trattare gli stati febbrili nei bambini, supportando le mamme nella gestione della malattia. Acquisire le informazioni su come avvengono i processi di riconoscimento, analisi e gestione della cura con somministrazione di antibiotico è cruciale per comprendere se e in che misura siano somministrate dosi non necessarie di antibiotico a largo spettro, e capire come intervenire per migliorare queste competenze.

    Anche la ricerca “Advancing Antibiotic Resistance Surveillance and Harnessing Antimicrobial Stewardship in the Karamoja Sub-region – ARSK“, legata al progetto ALL IN ONE nella regione ugandese della Karamoja, mira a indagare e valutare i modelli di utilizzo degli antibiotici, ma anche la conoscenza, le attitudini e le pratiche di prescrizione dei professionisti sanitari degli ospedali di St. Kizito e di Moroto. Queste conoscenze saranno fondamentali per poter aggiornare le linee guida sulle pratiche mediche e cliniche sulla prescrizione degli antibiotici, ma anche sulle norme igieniche e sull’educazione del paziente. Inoltre, in collaborazione con la Makerere University e il Uganda National Council for Science and Technology, saranno analizzati campioni provenienti da diverse superfici di ambienti ospedalieri (pavimenti, tavoli di lavoro, etc), ma anche dalla popolazione generale e dal personale sanitario in prima linea, per studiare direttamente cosa sta accendendo nelle popolazioni batteriche in risposta all’utilizzo di antibiotici.

    L’impegno della ricerca operativa di Medici con l’Africa Cuamm ha aperto, di recente, anche alla collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, come partecipante al network della Prevenzione e Controllo delle Infezioni (Ipc) per prevenire e la diffusione delle infezioni all’interno di strutture sanitarie. L’approccio rigoroso e scientifico dello studio dei comportamenti attuati nei contesti ospedalieri per minimizzare i rischi di infezioni, l’individuazione delle mancanze e l’implementazione delle strategie per dei piani di miglioramento rientrano a pieno nel limitare l’insorgenza dei batteri resistenti.

    Un approccio globale “One Health”

    La resistenza antimicrobica è una questione che trascende la medicina e che si lega alla salute umana, ambientale e animale, integrandosi nella cornice di salute globale chiamata One Health. Affrontare questa sfida richiede azioni integrate che includono ricerca, formazione, prevenzione e politiche sanitarie integrate per mitigare l’impatto di una crisi che minaccia la salute pubblica.

    L’impegno Cuamm sul campo

    In Uganda, nella regione settentrionale della Karamoja, Cuamm opera per contrastare l’insorgenza di malattie a potenziale epidemico i attraverso il progetto All in One, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e realizzato in collaborazione con Africa Mission.