Medici con l'Africa Cuamm

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Quelimane città delle biciclette

La storia di una bicicletta che racconta di una collaborazione tra il Mozambico e l’Italia, tra Quelimane e Varese, insieme nella lotta alle malattie non trasmissibili

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    “C’era una volta una piccola bicicletta rossa che si sentiva veloce come una macchina da corsa”. Questa è la storia di una bicicletta rossa che ha qualche problema alle gomme e non funziona più bene come dovrebbe. Anzi è di più. È la storia di un bambino, che guida una biciletta rossa, che ha dei problemi di salute a cui non sa dare un nome. Anzi è molto più. E’ la storia di una collaborazione tra il liceo artistico “A. Frattini” di Varese e una piccola cittadina del Mozambico, chiamata Quelimane, dove Medici con l’Africa Cuamm è impegnata nella lotta alle “Malattie non trasmissibili”, grazie al sostegno di World Diabetes Foundation.
    Al centro di questa storia: il diabete, in particolare quello di tipo 1, che si manifesta nei bambini e nei giovani. Maura Lucchini è un’internista di Varese, ha 48 anni e 2 figli. Al suo attivo, 2 anni di servizio in Uganda sempre con il Cuamm, 3 in Sud Sudan, ora 1 in Mozambico. Maura ha deciso di scommettere su questo progetto pilota perché crede ci siano tutte le possibilità per farlo crescere. 

    «Sono partita dalla formazione – racconta Maura – perchè è una malattia di cui si conosce poco. Da agosto mi sono concentrata sui medici, gli infermieri, i nutrizionisti, gli psicologi, sia qui a Quelimane, nella provincia di Zambesia, che a Beira nella Provincia di Sofala. Ora sto incontrando gli attivisti. Abbiamo in cura i pazienti che arrivano in ospedale perché manifestano delle complicanze acute. Ma questo non basta. Dobbiamo andare a cercare i casi nelle periferie, nei villaggi e nelle scuole, perché il diabete di tipo 1 è una malattia nascosta ma mortale ed è fondamentale farla emergere attraverso il lavoro degli attivisti nelle comunità».

    L’Africa sta registrando una sempre maggiore diffusione delle malattie non trasmissibili anche se i dati in merito sono pochi e incompleti. Meno di un paese su dieci, nella regione dell’Africa sub-Sahariana, ha pubblicato dati sui tassi di incidenza o di prevalenza dei giovani con diabete di tipo 1. In Etiopia, ad esempio, l’incidenza annuale è stata stimata a 2,1/100.000 (1995-2008) e in Tanzania e 1,8-1,9/100.000 (2010-2015). Il monitoraggio continuo e coerente dei pazienti è limitato e molti bambini e ragazzi muoiono prima di essere diagnosticati o di avere accesso al trattamento, contribuendo anche ai bassi tassi di incidenza e prevalenza stimati. Da qui la necessità per Medici con l’Africa Cuamm di intervenire per provare a dare una risposta sia con la cura dei casi che arrivano in ospedale, sia con la prevenzione, formando operatori sanitari e attivisti. Un lavoro lungo, lento, che non porta grandi risultati nell’immediato, ma che si gioca sullo sviluppo, per il futuro delle giovani generazioni. A fare la differenza, ancora una volta è la sensibilizzazione delle comunità. E siccome il bene che si semina è contagioso, Maura riesce ad appassionare Andrea, un amico insegnante in una scuola di Varese, che a sua volta coinvolge i suoi studenti.

    «Andrea è un caro amico – riprende Maura –. È insegnante e fa parte di una compagnia di teatro amatoriale e di un gruppo musicale, dove suona anche Alessandro che convive con il diabete di 1 tipo da quando ha 16 anni. Raccontando il mio lavoro, nasce l’idea di far scrivere il testo di uno spettacolo ai suoi ragazzi della 1° H. Qui funziona molto la formazione attraverso rappresentazioni teatrali e così, una volta arrivata la storia della bicicletta rossa e della “Gommite”, l’ho fatta tradurre in portoghese e sarà messa in scena il 27 gennaio a Quelimane e il 31 a Beira, in due fiere dedicate al diabete. Sperando un giorno di avere qui se non gli studenti della scuola, almeno Andrea e Alessandro, come testimoni diretti».

    In queste due giornate, oltre alla rappresentazione teatrale un’equipe multidisciplinare (pediatra, medici generali, nutrizionista, psicologo, infermiere) darà informazioni utili ai ragazzi e saranno consegnati dei kit personali con uno zaino, un glucometro, un quaderno, delle matite colorate. Un grande aiuto sarà dato anche dalla pianificazione di uno spot radio ideato sempre dai ragazzi del liceo Frattini e tradotto nei dialetti locali. I ragazzi del liceo varesino aggiungono:

    «Ci ha fatto piacere partecipare a questo progetto ed è bello che si stia concretizzando, nella speranza che, nel nostro piccolo, possiamo essere utili per qualcuno nel mondo. Questa esperienza ci ha fatto imparare a dosare le parole, poiché sapevamo di rivolgerle a persone sensibili e lontane da noi. E’ bello provare a trasformare la sensibilità in forza, per curarsi e per curare, per andare avanti e non mollare mai”. Il prof. Minidio, infine, chiosa: “Una scuola aperta al dialogo ed al confronto con il mondo può consentirci di raggiungere gli obiettivi educativi fissati dall’Agenda 2030 dell’ONU».

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