Persone e competenze crescono
Il nuovo corso formativo “Cooperare per la salute in Africa” ha preso il via questa settimana, ma è un viaggio antico e consolidato nella tradizione del Cuamm.
«Mentre io seguo il corso base al Cuamm, i miei genitori sono in missione in Africa con la stessa organizzazione!». Fabrizio Dacquino, specializzando in Pediatria all’Università di Torino, è cresciuto in una famiglia unita anche dalla voglia di fare la propria parte per la salute degli ultimi: «Hanno dato alla luce me e i miei tre fratelli in giro per il mondo! Io sono nato in Zimbabwe. Ascoltando le avventure di mio papà, medico internista e d’urgenza, percepivo la sua felicità. E ho pensato: forse, potrebbe piacere anche a me. Così, già durante l’università, ho fatto pratica in ospedale a Nairobi dal chirurgo italiano che aveva accolto mio papà al suo primo viaggio africano. Il mio obiettivo oggi è diventare un pediatra nell’ultimo miglio. Per questo, farò domanda per il progetto JPO, appena possibile. Penso che se avessi partecipato alle lezioni prima di andare in Kenya, non avrei commesso tante ingenuità! Il mio consiglio, dunque, è partire il più possibile consapevoli. E un programma come questo, che sta frequentando anche la mia fidanzata, infermiera, aiuta ad arrivare un po’ più pronti sul campo».
Il nuovo corso formativo “Cooperare per la salute in Africa” ha preso il via questa settimana, ma è un viaggio antico e consolidato nella tradizione del Cuamm. Medici, infermieri e ostetriche, “con sguardo attento e luminoso”, nota Gaetano Azzimonti, seguono le lezioni in presenza e, per una parte, online. Con una missione: ridurre le disuguaglianze nell’accesso alle cure, in Italia, ma soprattutto in Africa, dove la salute non è ancora un diritto di tutti. Sono 78 gli iscritti, tra 56 Junior Project Officer e 22 professionisti sanitari. Ed è solo il primo modulo dell’anno!
Un percorso ricco in cui i docenti, medici, antropologi e professionisti nel campo della salute, con alle spalle anche lunghe esperienze nella cooperazione internazionale, offrono ai partecipanti – giovani e meno giovani – gli strumenti di comprensione del contesto africano, per riflettere sull’idea di salute in un’ottica antropologica e globale. Un primo passo per iniziare a conoscere l’impegno del Cuamm oggi. E per partire insieme domani.
«Ho fiducia in questa nuova generazione. Trascorrere del tempo con i giovani medici mi entusiasma. E, del resto, se non credessimo in loro, non crederemmo nel futuro!». Così, Gavino Maciocco, formatore all’Università di Firenze e direttore scientifico della rivista Salute e Sviluppo.
«Anche per me – racconta Azzimonti – è stato arricchente preparare una lezione sulle risorse umane nel contesto dei sistemi sanitari africani. Ho pensato fosse importante portare esempi pratici. Di successo, di fallimento, ma anche di presa di coscienza che, via via, si è andata formando su ciò che è importante considerare nel rapporto con le persone, dopo 23 anni che ho trascorso in Africa. Oggi la grande sfida non è solo diffondere conoscenze, ma comunicare con il proprio esempio una modalità di lavoro che porta benefici ad operatori e utenti dei nostri servizi sanitari. Perché in Africa tutto si gioca nella relazione».
Tra gli allievi, anche Mirka Zucchetto, medico d’urgenza, in passato studentessa al collegio del Cuamm: «Sono davvero felice di tornare qui, dopo tanto tempo. Quando ero all’università, vedevo il corso base come un traguardo importante nella formazione. Seguirlo oggi, finalmente in presenza e da professionista, è una soddisfazione. È incoraggiante anche scoprire come la maggioranza degli iscritti siano studenti e specializzandi. Un risultato importante raggiunto dal Cuamm grazie all’impegno costante nelle università. Credo fortemente che questo programma rientri nel bagaglio che ogni medico dovrebbe avere, a prescindere dalla specializzazione. Non dobbiamo perdere il senso ed il gusto di credere in una sanità pubblica, nel valore del gioco di squadra e nelle risorse umane».
«Anche io sono stato studente al collegio del Cuamm – spiega Claudio Beltramello, medico, formatore e consulente – dopo quattro anni in missione con l’ONG padovana e tre all’Organizzazione mondiale della sanità, adesso che sono tornato in Italia, mi fa piacere continuare a dare un piccolo contributo. Penso che chiunque abbia il desiderio di partire, lo elabori un po’ per conto proprio, ma è nel confronto con l’esterno che, secondo me, la decisione vera e propria diventa pratica. Da “in potenza” a “in atto”. Per me questo è stato possibile grazie al Cuamm. Un tempo, si svolgevano i “sabati Cuamm”, mattinate di approfondimenti per ascoltare medici, infermieri, ostetriche rientrati. È attraverso di loro che ho concretizzato l’idea di partire. Ora sento il bisogno di essere un po’ l’enzima, il trasmettitore di questo coraggio che spinga le nuove generazioni a dire: “Ok, vado in Africa!”. Originario di Castelfranco Veneto, la città natale di Tina Anselmi, non posso non sostenere il concetto di sanità pubblica».