Medici con l'Africa Cuamm

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Susy è ritornata a sorridere

Africa vuol dire soppesare ogni giorno i rischi e i benefici di ciascuna scelta e ogni tanto rischiare. Susy era affetta da un’anemia emolitica autoimmune. Rivederla al controllo dopo un mese di ricovero quasi non la si riconosceva. E l’abbiamo abbracciata tutti.

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    Bangui “la coquette”, così recita l’insegna sulla collina che ti accoglie al tuo arrivo nella capitale centrafricana. Ricorda un po’ la scritta Hollywood a Los Angeles, ma dell’America questo posto ha ben poco. Basta uno rapido sguardo camminando per strada o al Complexe Pediatrique, l’unico ospedale pediatrico del paese, per essere catapultati nuovamente nella realtà.

    Vorrei raccontare la storia di Suzy, 14 anni, una ragazzina ricoverata presso il reparto di “Soins intensifs”, le cure intensive, per un’anemia severa. I genitori l’avevano accompagnata all’ospedale per febbre, forte stanchezza e comparsa di urine scure. Era veramente pallidissima e a malapena riusciva a stare seduta da sola. L’emoglobina è risultata 3,7 g/dL, che per una ragazzina di quell’età è incredibilmente bassa (i valori normali per età sono almeno di 12 g/dL). Perciò i colleghi che si occupano delle urgenze hanno fatto subito una trasfusione, la prima di tante durante il lungo ricovero di tre settimane.

    I primi giorni di ricovero abbiamo richiesto numerosi esami di approfondimento per capire l’origine della sua febbre e la causa di un’anemizzazione così importante. Purtroppo molti esami, fondamentali per arrivare ad una diagnosi in un caso così complesso, non si potevano fare al Complexe. Perciò, la famiglia se ne è dovuta far carico economicamente.

    Dopo qualche giorno abbiamo ricevuto l’esito dell’emocoltura e abbiamo finalmente trovato la causa della febbre, un’infezione da parte di un batterio piuttosto raro, che abbiamo trattato con un antibiotico specifico. Stavamo gestendo quindi un’anemia emolitica autoimmune, che causa la distruzione dei globuli rossi, verosimilmente scatenata dall’infezione in corso. Nonostante le numerose trasfusioni e l’avvio della terapia specifica a base di cortisone, Suzy continuava però ad avere dei livelli di emoglobina sempre molto bassi.
    Un po’ demoralizzati dalla scarsa efficacia delle terapie, abbiamo iniziato a ricercare altre terapie disponibili, poche, considerato il contesto a basse risorse. Alla fine abbiamo deciso di provare i boli di corticoterapia ad alte dosi e fortunatamente questa volta abbiamo avuto successo. Dopo due boli Suzy ha iniziato progressivamente a sentirsi meglio, ad essere più in forze.
    Dopo quasi un mese di ricovero, per paura che prendesse infezioni ospedaliere, l’abbiamo dimessa con un’emoglobina di 5 g/dL, ovviamente con l’indicazione a proseguire il cortisone a casa. Ebbene sì, proprio 5! In Italia sarebbe impensabile dimettere un bambino con questo valore, ma questa è l’Africa. Africa vuol dire soppesare ogni giorno i rischi e i benefici di ciascuna scelta e ogni tanto rischiare.

    L’abbiamo dimessa il sabato ed è tornata a controllo il mercoledì della settimana seguente. Iniziava a sentirsi decisamente meglio. L’emoglobina continuava a salire e noi eravamo veramente contenti. Al controllo successivo dopo due settimane, quasi non la riconoscevo. Suzy è arrivata con un vestito colorato ed elegante, era sorridente, bella. Noi medici, insieme agli infermieri che l’avevano seguita durante il ricovero, l’abbiamo abbracciata. Inutile dire che ci eravamo tutti affezionati!
    Aveva 9,6 g/dL di emoglobina, e la soddisfazione è stata tanta. Mi ha detto che stava bene, era contenta perché finalmente era tornata a scuola. Incredibile come in questi casi pure la scuola diventi interessante!

    Lavorare “con” l’Africa per me vuol dire questo. In questa realtà ci sono giorni difficili, giorni in cui va tutto storto, giorni in cui senti che il tuo contributo è inutile ma basta un solo giorno, come quello in cui Suzy è tornata in ospedale con il sorriso, per ricaricarti di energia positiva. E il resto della giornata acquista così un sapore diverso.

    Il racconto di Francesca Trevisan, JPO di Pediatria in servizio al Complexe Hospitalier Universitaire Pediatrique di Bangui (Chupb).

     

    Medici con l’Africa Cuamm è presente al Chupb da giugno 2018, in un impegno dedicato reso possibile anche grazie al progetto, iniziato ad ottobre 2022, “Risposta ai bisogni sanitari urgenti in ambito pediatrico nel contesto della crisi umanitaria protratta in Repubblica Centrafricana”, finanziato dall’Agenzia Italiana Cooperazione allo Sviluppo. L’intervento ha l’obiettivo di migliorare la copertura sanitaria per i bambini, promuovendo servizi gratuiti di qualità, equi ed efficaci. Inoltre, investe nella formazione e nel rafforzamento delle capacità e competenze del personale.