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Etiopia: aumentano i rimpatri per il Covid-19

Medici con l’Africa Cuamm su Lancet Migration: 15.000 rientri in poco più di due mesi, mentre aumentano esponenzialmente i casi di Covid-19. Appello a una maggiore collaborazione e solidarietà tra stati.

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    La pandemia fa registrare in Etiopia l’aumento dei rimpatri dei migranti dalla penisola arabica e da altri paesi confinanti del Corno d’Africa. Sono quasi 15.000 i rimpatri registrati da inizio aprile ad oggi, spesso riguardanti migranti irregolari o divenuti tali per la perdita del lavoro. L’International Organization for Migrations (IOM) stima che i rientri potrebbero arrivare a 200.000 entro la fine dell’anno, mettendo a dura prova il sistema di accoglienza etiope, che deve prevedere in questo periodo misure aggiuntive di quarantena, test e tracciamento dei casi di coronavirus, con risorse limitate a disposizione.

    In un articolo pubblicato su Lancet Migration, Davide Mosca, professore onorario dell’UCL Institute for Global Health e Michele D’Alessandro di Medici con l’Africa Cuamm, descrivendo la situazione dell’Etiopia e del Niger, evidenziano i rischi legati ai rimpatri a livello globale, sia per la possibile importazione e diffusione del virus nelle comunità, sia per le ricadute economiche dei rientri forzati, che porterebbero a un aumento dei costi per il paese di rimpatrio e ad un azzeramento delle rimesse da parte dei migranti, importante fonte di reddito per intere famiglie africane.

    Il caso Etiopia – Arabia Saudita

    L’Arabia Saudita conta ad oggi 132.000 casi confermati di COVID-19 e da inizio pandemia ha cominciato a rimpatriare oltre 3.000 cittadini etiopi presenti sul proprio territorio, sostenendo di non poter loro garantire l’assistenza medica necessaria. L’Etiopia conta 3.500 casi di COVID-19, con un aumento esponenziale nelle ultime settimane. Tutte le persone che arrivano dall’estero sono sottoposte da inizio marzo a quarantena in strutture pubbliche (campus universitari o strutture sportive) o in alberghi privati, ma l’aumento degli ingressi per i rimpatri mette a dura prova il sistema di quarantena, test e tracciamento, già complicato per un paese in via di sviluppo.

    Medici con l’Africa Cuamm richiama l’attenzione sull’importanza di misure preventive e di cooperazione tra stati, che vanno dalla sospensione delle procedure di rimpatrio al trasferimento dei migranti più esposti al virus in strutture meno affollate. Gli stati ospitanti, nel contesto della pandemia, dovrebbero rendere accessibili i servizi sanitari anche ai migranti irregolari, garantendo loro anche la possibilità di essere testati e curati senza discriminazione.

    Confini, rifugiati e rimpatriati

    L’Etiopia si trova ad un crocevia di rotte migratorie all’interno del corno d’Africa, che portano verso la penisola arabica e il Nord Africa e da lì all’Europa. La condizione dei migranti nei paesi di accoglienza è un problema globale, tanto sensibile in Italia quanto nella penisola arabica, dove molti migranti africani sono assunti come manodopera a basso costo, con scarse tutele legali e sanitarie.

    L’Etiopia si trova a dover gestire diversi focolai di coronavirus nel paese e, come la maggior parte degli stati Africani, ha confini ampi e difficilmente controllabili, pur avendone disposto la chiusura. Rimane sensibile la situazione in regioni di confine come Gambella, che negli ultimi anni ha accolto centinaia di migliaia di rifugiati sud sudanesi. Le condizioni igienico-sanitarie in quest’area sono molto scarse, sia per la popolazione residente che per i rifugiati. Allo stesso tempo è difficile monitorare gli spostamenti transfrontalieri, per popolazioni abituate a muoversi di frequente oltre il confine, rendendo la prevenzione della diffusione del coronavirus ancora più difficile.

    Foto: archivio Cuamm

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