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DUE VITE TRA LE MANI

Con la voce e le parole di Judith Abwol, ostetrica ugandese in servizio in Sud Sudan, festeggiamo la giornata mondiale dell’ostetrica, celebrata in tutto il mondo il 5 maggio.

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    Che siano professioniste o tradizionali, che siano tutor o giovani studentesse, le ostetriche svolgono un ruolo fondamentale per il benessere di mamme e bambini e in vista del 5 maggio, giornata mondiale dell’ostetrica, le festeggiamo con le parole di Judith Abwol.

    «É una questione di attitudine, di spirito di servizio e curiosità, ma ci vuole anche tanta dedizione e sangue freddo per poter intervenire in modo tempestivo nelle situazioni di estrema difficoltà e di emergenza. Avere tra le mani due vite: quella di una donna e quella del suo futuro bambino è una grande responsabilità».

    Judith Abwol è un’ostetrica ugandese. La raggiungiamo con una chiamata Skype fino in Sud Sudan dove lavora come insegnante e come ostetrica clinica dal 2021.

    «Da tre anni a questa parte le giornate trascorrono tra i banchi dell’Istituto di scienze sanitarie e la sala parto. Alle 8 inizia la lezione che dura fino alle 17. Poi ci si sposta di qualche metro e si entra in sala. È tutto qui dentro, la nostra vita è qui con le donne sud sudanesi. A volte è facile perdere la cognizione del tempo e dei giorni: a scandire le nostre giornate ci sono le visite, i parti, le lezioni».

    Judith parla al plurale quando descrive l’Istituto di scienze sanitarie di Lui, un microcosmo che abita insieme a Peninah, ostetrica responsabile della scuola e 22 studenti: 13 donne e 9 uomini provenienti da ogni parte del Paese. Sono insieme ogni giorno, e spesso anche la notte perché la clinica non è mai scoperta. Gli studenti fanno i turni per garantire una presenza h24 e Judith, o Peninah, sono sempre al loro fianco.

    «Spesso durante la notte ci sono delle emergenze, i casi più complessi, e allora dobbiamo essere lì, accanto ai nostri studenti per guidarli. Siamo sempre un passo dietro di loro, dobbiamo lasciargli lo spazio per perfezionarsi e mettere in pratica ciò che sappiamo hanno appreso in aula ma bisogna restare attente e, in caso di necessità, essere pronte ad intervenire per mostrargli come fare».

    Le lezioni la mattina, la pratica clinica nel pomeriggio e durante la notte, nel mentre una pausa pranzo e i test di valutazione, i momenti di scambio e confronto, i colloqui e le simulazioni. Tutto questo per motivare e inspirare i giovani studenti e le giovani studentesse in un impegno che spesso li mette alla prova.

    «Cerco di considerare questa classe come se fosse una famiglia: sono persone che hanno lasciato casa e terra di origine, molti torneranno dai loro cari solo al termine degli studi quindi a distanza di tre anni. È importante farli sentire accolti e metterli nella condizione di studiare e lavorare al meglio delle loro capacità» dice Judith.

    L’ Istituto di scienze sanitarie di Lui è una delle due scuole di formazione in ostetricia e infermieristica che Medici con l’Africa Cuamm sostiene in Sud Sudan. Inaugurata nel 2014 alla presenza del Ministro della salute del paese, la scuola forma ogni tre anni i futuri professionisti sanitari di questo paese, uno dei più fragili al mondo. Reduce da anni di conflitto, il Sud Sudan è infatti oggi uno dei paesi con i peggiori indicatori sanitari al mondo. Basti pensare che il tasso di mortalità materna è di 1.150 ogni 100.000 nati vivi mentre la mortalità neonatale si attesta intorno ai 40 decessi ogni 4.000 nati vivi. Sono questi numeri ad aver motivato Judith a lasciare l’Uganda per poter spendere le sue competenze e la sua dedizione al servizio dei più fragili, non solo impegnandosi nell’attività clinica ma, soprattutto, scegliendo di insegnare.

    «Vivevo e lavoravo in Uganda, quando il Sud Sudan era in guerra. – racconta Judith. Arrivavano notizie terribili da questo paese e io le ascoltavo dalla radio e dai notiziari senza sapere cosa fare ma con estremo dolore per quello che stava accadendo. Quando la guerra è terminata ho continuato ad informarmi sul paese e sono rimasta sconvolta dai dati sanitari, soprattutto quelli sulla salute materno-infantile. Ho pensato che era il momento di fare la mia parte».

    Quando è partita per il Sud Sudan, Judith lavorava già da tempo come ostetrica in Uganda, dove ricopriva un ruolo di responsabilità presso il Memorial Hospital Giuseppe Ambrosoli. 20 anni di servizio in quella struttura a Kalongo, distretto di Agago, nord dell’Uganda. Prima come responsabile del reparto pediatrico, poi alla guida del dipartimento di nutrizione materno-infantile.

    «Ho iniziato come addetta alle pulizie – racconta Judith, ma ho sempre saputo che questa era la mia strada: aiutare gli altri, i più vulnerabili, le donne e i bambini. Volevo seguire le orme di mia madre che era un’ostetrica tradizionale. Il ricordo del suo impegno, delle ore trascorse sul campo ad incontrare le donne e fare sensibilizzazione sulla salute femminile, sono stati la mia più grande ispirazione. Oggi sento forte la nostalgia dei miei bambini, ma ho la consapevolezza di fare la cosa giusta stando qui. Mentre dedico il mio tempo all’Istituto e vedo giovani diventare i futuri professionisti di questo Paese, sto insegnando qualcosa anche a loro e allora sono, credo, una buona madre e una brava ostetrica».

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