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Il cambiamento comincia dal basso

Si è svolto a Luanda, in Angola, l’evento conclusivo del progetto PIPSA, iniziato nel 2018, volto a migliorare i servizi di assistenza e cura per le persone sieropositive.

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    Agire a tutti i livelli: attraverso campagne di sensibilizzazione per informare su Hiv/Aids, cercando di ridurre lo stigma e la discriminazione legati al tema; offrire gratuitamente la possibilità di testarsi così da identificare le persone affette da HIV, convincerle a curarsi e a garantire l’aderenza al trattamento anche attraverso sessioni e visite a domicilio sull’importanza e l’efficacia della terapia; investire sulla formazione per il rafforzamento delle capacità del personale sanitario e delle autorità sanitarie locali. Si chiama P.I.P.S.A. ed è il progetto Protezione integrale per il paziente sieropositivo, iniziato nel 2018, di cui oggi si tiene l’evento conclusivo a Luanda, capitale dell’Angola. Un’opportunità quella di oggi, per condividere i risultati di questi anni di impegno continuo e dedicato: 52 le campagne di sensibilizzazione realizzate, raggiungendo oltre 18.170 persone; 38.325 le persone testate per HIV, 2.141 quelle risultate positive. E poi la formazione continua di 40 agenti comunitari, 272 infermieri, 46 medici e 179 tecnici di laboratorio.

    Un intervento articolato volto a garantire e migliorare i servizi di assistenza continua e integrata per le persone sieropositive, alcune delle quali affette anche da tubercolosi, nel Municipio di Kilamba Kiaxi, in particolare presso l’Ospedale Divina Provvidenza, nei quattro presidi sanitari dell’Ospedale, e nei tre centri di salute del Municipio. Il progetto è finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e implementato dall’Unione Medico Missionaria Italiana (Ummi) e da Medici con l’Africa Cuamm, in collaborazione con partner locali, l’Ospedale Divina Provvidenza, la Ripartizione Municipale di Salute di Kilamba Kiaxi, la Direzione Provinciale di Salute di Luanda, l’Associazione LPV – “Luta pela VHIda” e l’Associazione degli Amici delle Persone Sieropositive.

    Oltre a queste attività, sono state svolte due ricerche scientifiche, ed è stata pubblicata una raccolta di testimonianze “Esperienze e modi di sperare” che racconta come si sente e come affronta la malattia una donna sieropositiva con due figli da crescere, senza il supporto di un marito, o come una ragazza viva lo stigma all’interno della sua stessa famiglia e come sia possibile superarlo grazie alla sensibilizzazione dell’intero nucleo familiare; o ancora lo sconforto e la desolazione che si può provare nel momento della diagnosi, ma anche la speranza per una vita migliore e normale se viene seguito adeguatamente il trattamento. Inoltre il racconto mette in evidenza l’essenzialità del lavoro degli attivisti comunitari.

    L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e l’Agenzia delle Nazioni Unite per la lotta all’Hiv e l’Aids (Unaids) stimano che le persone affette da Hiv in Angola, fra adulti e bambini, siano 340.000. Sono le donne ad essere principalmente colpite, in particolare nelle aree urbane. La prevalenza dell’Hiv in Angola, ovvero la percentuale di persone di età compresa fra i 15 e 49 anni affette da Hiv, è passata dall’ 1,2% nel 2001 all’1,8% nel 2020, crescendo ad un tasso medio annuo del 2,24%. Dati che rendono ancora più evidente l’importanza di un inteso lavoro di informazione e sensibilizzazione su prevenzione e trattamento della malattia, con un’attenzione particolare alle donne anche per prevenire la trasmissione del virus fra mamma e bambino.

    L’Angola ha ribadito il suo impegno per eliminare l’infezione da Hiv entro il 2030: una sfida enorme che comporta l’attuazione della strategia “Test and Treat” promossa dall’Oms, che consiste appunto nel testare e mettere in trattamento immediato le persone risultate sieropositive. Questa strategia mira a raggiungere l’obiettivo “90-90-90” di Unaids: diagnosticare il 90% di tutti i casi di Hiv, assicurare almeno al 90% di tutte le persone diagnosticate l’accesso alle terapie anti-retrovirali e far sì che il 90% di loro raggiunga la soppressione della carica virale. Il progetto PIPSA si inserisce proprio all’interno di questo contesto.

    “Il progetto è stato davvero importante per aumentare il numero di persone testate in modo tale da identificare quanti convivono con il virus e iniziare il trattamento per i pazienti risultati positivi – racconta Yara Tembe, capo progetto PIPSA per Cuamm -. Un altro aspetto fondamentale è stata la formazione continua del personale sanitario con l’obiettivo di costruire e rafforzare le loro capacità e competenze per migliorare la qualità delle cure”.

    Numeri e storie che parlano e che fanno sperare in una migliore e più diffusa consapevolezza nella comunità dell’importanza della prevenzione e della cura. Un cambiamento che richiede tempo, che deve partire dal basso, coinvolgendo l’intera comunità. Solo così possiamo pensare di vincere questa sfida.

    “Ho deciso di accompagnare mia sorella ad una visita di routine. Al centro di salute, sono finita per assistere ad un incontro di sensibilizzazione sull’Hiv/Aids, dove effettuavano anche i test. L’ho fatto e sono risultata positiva. Ero sotto shock – racconta una ragazza -. Ho cominciato a chiedermi come mi avrebbe vista la mia famiglia, temevo di non poter avere figli e che i miei sogni non si sarebbero realizzati. Sentivo che avendo l’Hiv sarei stata inutile per la società. Dopo tutto, la società ha una visione molto negativa e discriminatoria verso le persone in questa condizione. Mi chiedevo come fosse possibile vivere così”.

    C’è voluto del tempo perché la giovane donna accettasse la sua condizione e la sua nuova realtà. Sono stati gli incontri con gli agenti comunitari e le visite a domicilio che le hanno permesso di accettare la sua condizione e di iniziare il trattamento antiretrovirale. “Da allora, affronto la mia condizione di sieropositività in modo più normale e vivo le cure come una luce verde alla fine del tunnel. Sto bene, ho una carica virale non rilevabile e ha riacquistato il sorriso che avevo perso”.

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