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Accendere la motivazione

La voce di Giulia Natali, capoprogetto a Luanda, in Angola, dell’intervento “CombaTb”, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

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    «L’Angola per me è caos, nel senso di movimento, di fermento. La paragonerei ad un adolescente spavaldo con dentro tanta voglia di vivere, di comunicare e di interagire. Gli Angolani, infatti, sono caotici, avvolgenti, mi hanno fatto sentire parte della comunità. Anche Luanda, pur essendo piena di contrasti e di disuguaglianze, è una città viva. Poi, c’è l’Angola rurale, più tranquilla, tradizionalista e religiosa, legata al rispetto di determinate regole e valori.

    Il ruolo di capoprogetto è stato davvero interessante, dinamico e vario. Mi ha permesso di confrontarmi con tutti i livelli del sistema sanitario, dal territorio alle istituzioni provinciali e nazionali. Ho capito che cosa non funziona in termini organizzativi, sul piano dell’offerta e dei servizi, ho imparato quali fossero le sfide più complesse da affrontare: la mancanza di materiali e di apparecchiature, ma soprattutto la carenza di personale qualificato. Spesso, la comunicazione tra i diversi livelli del sistema è carente e il Cuamm fa da mediatore e da “collante”, facilitando lo scambio e il confronto.

    Mi sono resa ancora più conto della povertà diffusa e delle disuguaglianze, così come delle reali difficoltà delle persone: le barriere di accesso ai servizi sanitari e la complessità di garantire la continuità del trattamento, in particolare, a causa delle distanze e dei costi.

    Il Cuamm in Angola è fatto da colleghi locali che lavorano con l’organizzazione da tanti anni, sono presenze storiche con un fortissimo senso di appartenenza e fanno sentire anche te parte del team fin da subito. Ho capito che le persone hanno solo bisogno di stimoli, di qualcuno che attivi il loro interesse e che investa nello sviluppo delle loro potenzialità e competenze. Una volta che si fa questo, si vede proprio la loro motivazione accendersi. Per me era molto gratificante spiegare nei centri di salute qualcosa agli operatori, suggerire strategie per migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi, poi vedere come tutto questo venisse realizzato. Così, toccavo con mano i passi in avanti. Sono convinta che solo attraverso la formazione si possa innescare il cambiamento; si tratta di accompagnarli in questo percorso. Perciò, a chi ci sarà dopo di me consiglio di provare ad essere la miccia che “li accende”, andando lì con entusiasmo, curiosità e provando a seguire la corrente.

    Non posso che definire questa esperienza come un percorso di crescita, professionale certamente, ma anche personale. L’Angola mi ha dato la capacità di vedere la complessità della realtà, senza per forza volerla comprendere. Sono diventata più introspettiva, in grado di mettere in discussione i miei schemi e in dubbio quelle che prima mi sembravano certezze. Ho imparato a gestire meglio gli imprevisti e a trovare una risposta ai problemi, capendo che non esiste la soluzione perfetta, ma quella ideale per il contesto e si ottiene solo lavorando tutti insieme con uno stesso obiettivo».

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