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A dare forma al mondo sono i sogni

Leggi l'intervista di Guia Risari e di Anna Godeassi che hanno dato vita alla favola “Da Grande”, realizzata in occasione della Festa della Mamma '24.

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    A dare forma al mondo sono i sogni, non solo quelli dei bambini. Ma anche dei grandi che non smettono mai di coltivare il proprio talento, di impegnarsi con passione per una causa, di prendersi cura degli altri. Ognuno fa la sua parte per portare un po’ di bellezza in questa vita e le favole hanno anche questo compito, oltre a quello di raccontare storie e di farci intravedere dentro a realtà lontane dal nostro quotidiano. “Da Grande” nasce proprio dal desiderio di proteggere il futuro, ancora troppo incerto, di tanti bambini africani che muoiono di malattie facilmente curabili. Ma anche dal sogno di due bambine creative, una che desiderava fare la scrittrice per trasformare la realtà e una che amava il disegno e gli animali. Sono proprio le parole di Guia Risari e le illustrazioni di Anna Godeassi che hanno dato forma a questa favola che ci porta in Africa, vicina al cuore dei più piccoli.

     

     

     

    “Questa favola parla del futuro e di come lo immaginiamo da bambini. Quando eri piccola, come ti immaginavi da grande? Cosa sognavi di diventare?”
    Anna: Da bambina avevo due grandi passioni: il disegno e gli animali. Mi avevano regalato un microscopio e tra i vetrini inserivo ali di insetti, sezioni di foglie, peli del mio cane, osservavo e disegnavo quel che vedevo. Poi univo i fogli coi miei appunti disegnati e ne ricavavo dei libretti arricchiti anche da osservazioni sul comportamento di mosche e formiche. Dopo aver letto Gorilla nella nebbia di Dian Fossey, avevo il sogno di trascorrere del tempo con quelle fantastiche creature, proprio nelle foreste del Ruanda! Guia: Quando ero piccola, m’immaginavo un mondo giusto, dove tutti fossero amici e parlassero. Mi immaginavo atletica e intraprendente. Volevo fare la sportiva e gareggiare alle Olimpiadi. Ma, più di tutto, desideravo fare la scrittrice per raccontare le storie e trasformare la realtà. Per farla diventare quel mondo che sognavo: giusto, dove tutti sono amici e parlano.
    “Ogni volta che un’ambulanza sfreccia a sirene spiegate, c’è un bambino che sogna di guidarla per poter salvare delle vite. Come succede a una delle piccole protagoniste della nostra favola. Ma ci sono luoghi, come alcuni Paesi in Africa, in cui è raro incontrare un’ambulanza per strada. Con questo progetto realizzato insieme, cosa pensi di aver imparato?”
    Anna: Questa favola poetica ma realistica al tempo stesso mi ha insegnato quanto i sogni dei bambini africani siano legati alla pragmaticità del loro quotidiano, senza voli pindarici desiderano “diventare” figure utili alla loro comunità, incarnano valori autentici di solidarietà che rispetto a quelli individualistici e superficiali della società consumistica occidentale appaiono eroici e ammirabili, in un contesto di pura semplicità in cui emerge molta voglia di imparare e costruire, insieme. Guia: Penso di aver imparato che per pensare l’Africa bisogna conoscerla e/o bisogna ascoltare le persone che l’hanno vissuta e sperimentata. Che non si può trasportare il proprio mondo, le proprie abitudini, le proprie attese altrove; che bisogna guardare, ascoltare, capire.
    “Hai mai visitato un Paese africano? Se si, quale? / Quale Paese dell’Africa vorresti visitare?”
    Anna: In Africa sono stata soltanto in Tunisia e Namibia, entrambi molto affascinanti ma che mi hanno dato una visione parziale del continente che vorrei arricchire. Sono molto interessata alle tradizioni tribali, alle maschere, alla vita nei villaggi, a scoprire quale sia la routine in contesti lontani geograficamente e culturalmente dal mio. Viaggiare è tornare a casa con nuovi occhi! Spesso ci dimentichiamo che l’origine della nostra specie è stata proprio in Africa, culla poi delle prime civiltà. L’Africa ha un’energia primordiale speciale, vorrei andare in Tanzania, Madagascar, Botswana, e poi ovunque negli altri stati. Guia: Ho visitato solo l’Africa del Nord, in particolare il Marocco che mi è piaciuto tantissimo. La gente è stata sempre accogliente, aperta, piena di cortesia. Mi piacerebbe andare in Africa continentale, in Mali, in Tanzania, in Angola, in Congo, in Etiopia, in Sudafrica. Tanti sarebbero i paesi e le persone che vorrei conoscere. Sto solo aspettando il momento adatto.

    “Credi che la scrittura – soprattutto quella dedicata ai più piccoli – possa aiutare a restituire un’immagine dell’Africa più autentica e meno stereotipata?”

    Anna: I bambini sono il nostro futuro e sensibilizzarli a tematiche di solidarietà valori sociali, come quelli che risaltano in questa favola attraverso i loro sogni, e ‘fondamentale per trasmettere una nuova immagine di Africa, in cui emerge il desiderio di rimanere nella propria terra per costruire lì, con le proprie mani, una società autosufficiente ed organizzata. Guia: La scrittura è un modo di guardare e ragionare che dovrebbe aiutare a lottare contro stereotipi e pregiudizi. Credo che a questo risultato si arrivi con grande vigilanza e senso critico, anche e soprattutto autocritico perché tutti noi abbiamo ricevuto, senza rendercene conto, degli insegnamenti cristallizzati all’interno di uno schema mentale prefissato. E’ da qui che nascono gli stereotipi. La realtà, affrontata con apertura e disponibilità, è sempre pronta a mostrarsi diversa rispetto alle idee che precedono il confronto. E noi dobbiamo essere pronti a guardarla e a trasmetterla con obiettività.

    “La favola racconta dei “mestieri dei grandi”. Qual è quello che ti è piaciuto di più rappresentare/descrivere?”

    Anna: È una domanda difficile, perché il testo di ogni pagina mi suggeriva poeticamente di andare oltre con l’immaginazione e ho amato tutti i dialoghi tra gli animali e i bambini. Mi è piaciuto trovare un modo per raccontare il bimbo ostetrico, ho pensato di fargli tenere tra le braccia un neonato, e di appoggiare gli altri su fiori che sbocciano, così come fa la vita. Sono affezionata anche alla bimba sarta, che cuce le nuvole sul suo tessuto azzurro e dal cui filo escono palloncini. Non posso non menzionare la cuoca, che fa volare dalle sue mani uccellini aiutanti con le posate nel becco, e che, minuta, beve il caffè con un enorme ippopotamo di fronte, con la sua buffa sproporzione rispetto alla piccola tazzina che ha di fronte.E così via!

     

    Guia: Forse il mestiere che ho amato di più descrivere è quello di cantastorie. Sono molto legata all’idea delle storie raccontate dal vivo a un pubblico misto, di grandi, bambini e vecchi. Una mia bisavola esercitava questa professione in Friuli-Venezia Giulia, aiutando i contadini a trascorrere bene le lunghe notti d’inverno. Raccontare storie aiuta ad affrontare problemi cruciali, combatte la solitudine, esercita il pensiero creativo e la memoria, crea una coesione sociale, trasmette elementi importanti della cultura collettiva e li trasforma. Ma ho amato tutti i mestieri che ho citato nel libro: il maestro, il medico, il meccanico, l’ostetrico, il pescatore, la sarta, il pastore, l’ambulanziere, il cuoco, l’agente comunitaria. Sono tutti mestieri seri, importanti, che aiutano a vivere meglio.

    “Adesso parliamo del tuo di mestiere: cosa diresti a un bambino/bambina che sogna di diventare illustratrice?”

    Anna: Sicuramente incoraggio chi vorrebbe diventare illustratrice/illustratore perché’ amo molto il mio mestiere, se non fosse una professione sarebbe il mio hobby, è un modo per raccontare il mondo, i sentimenti, le favole attraverso colori e forme, inventando un alfabeto visivo che parla direttamente al cuore. La creazione di un proprio modo espressivo, che nasce da un personale modo di vedere e rielaborare la realtà, è una ricerca continua e arricchente per se stessi e per i lettori. Guia: A un bambino o a una bambina che volessero diventare scrittori, consiglierei di avere sempre tanta curiosità e voglia di scoprire. Di leggere, ascoltare, guardare, scrivere, raccontare, vedere film, ascoltare suoni e musica, accogliere il mondo con occhi e orecchie spalancati e di capire poi cosa vogliono regalare al mondo, qual è la loro voce e quali fette di realtà vogliono descrivere o inventare. La scrittura è uno strumento molto duttile: permette di ricordare quel che è stato dimenticato, d’inventare quel che non è mai successo e anche di prevedere quel che potrebbe accadere.

    “Hai [ancora] un sogno nel cassetto?”

    Anna: È sempre importante continuare ad avere sogni nel proprio cassetto, sono il carburante della propria macchina espressiva! Uno di questi lo sto vivendo, e ha influito positivamente sulla creazione di quest’opera: quello di lavorare in viaggio, ispirata dai colori e dalle tradizioni dei luoghi in cui mi trovo. Questo libro è ‘stato realizzato con passione presso le isole San Blas, abitate dalle comunità indigene arcaiche dei Kuna. Dentro vi si trovano i loro colori, e anche i paesaggi che mi hanno estasiato in Namibia. Guia: Ho molti sogni nel cassetto. Viaggiare, conoscere il mondo e tante persone diverse, fare belle fotografie, ascoltare storie e continuare a scrivere libri pieni di vita e di emozioni. Non c’è niente di più importante. Sono queste le vere ricchezze dell’esistenza: le esperienze, i sogni, i ricordi, le amicizie, la sensibilità, l’attenzione alle grandi e piccole cose. Sono loro rendono una vita piena, degna di essere vissuta.

     

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