Una giornata nel reparto di “canguro-terapia”
Siamo all’ospedale St. Luke di Wolisso, in Etiopia, con Fede Bagolin, in Servizio Civile Universale, che racconta una giornata-tipo nella “kangaroo mother care unit”.
«Mani lavate, mascherina e camice: questo è ciò che serve per seguire Leta, infermiera dell’Unità di terapia intensiva neonatale, e Silvano, Junior Project Officer in Pediatria, nella visita ai piccoli pazienti. Quando si entra nella kangaroo mother care unit (Kmcu), lo spazio dedicato al contatto pelle a pelle tra mamma e neonato, la luce è soffusa e gli operatori si muovono lentamente, sussurrando.
Noto alcune donne, ma soprattutto bambini. All’ospedale cattolico St. Luke di Wolisso sono frequenti anche i parti gemellari. L’unità di “canguro-terapia” accoglie i neonati di basso peso e pretermine, che non necessitano di un ricovero nell’Unità di terapia intensiva neonatale, perché le loro condizioni generali non sono gravi, ma hanno bisogno di assistenza e di sostegno nei primi 1000 giorni di vita.
Spesso, le mamme soffrono della mancanza di un sostegno familiare, che si ripercuote sulla loro salute e sulle condizioni dei loro bambini; nella Kmcu le giovani sono supportate dal personale sanitario, per comprendere l’importanza di rafforzare le cure per i neonati, attraverso attività educative e controlli medici.
Leta e Silvano conducono le visite di routine, monitorando le condizioni di salute dei neonati, solitamente affetti da ittero, malnutrizione, virus respiratori e infezioni come bronchiolite, meningite ed encefalite.
Nonostante la barriera linguistica, gli operatori si impegnano a stabilire un canale di comunicazione funzionale e continuo con le madri, al fine di monitorarle e seguirle. A causa della scarsità di alcune attrezzature mediche, il dialogo attivo è fondamentale per comprendere lo stato dei bambini, le reazioni nella notte e i sintomi, per utilizzare al meglio le risorse e richiedere esami di laboratorio solo quando necessario.
Le sessioni di training sono tenute nella Kmcu due volte alla settimana. Jiksa, infermiere dell’Unità di terapia intensiva neonatale spiega che la kangaroo mother care consiste in un metodo potente e facile da adottare, fin dalle prime fasi della vita, per un periodo prolungato, attraverso il contatto e l’allattamento al seno. Questa buona pratica contribuisce a ridurre la mortalità e la morbilità nei primi 1000 giorni del neonato, agevola la tecnica di allattamento al seno per una crescita sana del bambino e il benessere dell’adulto, rafforzando il legame tra genitore e figlio.
Grazie alla Kmc i bambini possono essere dimessi prima del tempo, perché l’assistenza viene avviata e interiorizzata in ospedale in un ambiente in cui i genitori imparano insieme, in modo cooperativo, come rafforzare la loro salute.
Jiksa, con il supporto di alcuni materiali grafici, spiega il metodo Kmc, in particolare come posizionare il piccolo tra una poppata e l’altra e durante la poppata, come nutrire correttamente un neonato di basso peso o pretermine, come integrare l’allattamento al seno con nutrienti aggiuntivi, come tenere sotto controllo l’appetito, il respiro e la temperatura corporea.
Le madri ascoltano con attenzione, alcune hanno già partecipato ad altre attività educative, altre sono appena arrivate. Quando Jiksa le coinvolge nella discussione, la prima domanda sincera è questa: “Perché lo facciamo?”. Utilizzando molti esempi, Jiksa risponde come sia la mamma sia il bambino traggano beneficio da questa abitudine. I tassi cardiaci e respiratori, di ossigenazione e di glucosio nel sangue, così come i modelli di sonno, i comportamenti osservati e lo sviluppo cognitivo migliorano significativamente. Inoltre, il genitore sviluppa un senso di responsabilità che risulta vitale quando non c’è un sistema di supporto per crescere il bambino, per gestire l’alimentazione e per favorire il rapporto di legame tra genitore e figlio.
L’assistenza postnatale per i bambini nati con basso peso o pretermine è essenziale per ridurre la mortalità e la morbilità e la Kmc è fondamentale per migliorare la salute in ambienti in cui le risorse sono limitate».