Medici con l'Africa Cuamm

la salute è un diritto,
battersi per il suo rispetto
è un dovere
DONA ORA Il tuo aiuto può fare la differenza

Festa della Donna Due esempi di determinazione

Martha e Inocencia fanno parte del 55% di donne che ogni giorno lavorano nei progetti di Medici con l’Africa Cuamm. Una maggioranza attiva nel cambiamento, per la salute delle stesse donne e di intere comunità.

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    Le donne sono al centro dell’impegno per la salute di Medici con l’Africa Cuamm, ma sono anche le prime ad agire per il cambiamento. Sono donne il 55% delle risorse umane espatriate di Medici con l’Africa Cuamm: professioniste italiane ed africane impegnate in prima linea nella lotta alla mortalità materna, ma anche alla malnutrizione, all’HIV e alle malattie non trasmissibili. Gestiscono progetti, mediano con le autorità locali, decidono come impiegare i fondi, molto spesso dovendo conciliare il lavoro con la gestione dei figli.

    Per la Festa della Donna, da Medici con l’Africa Cuamm due testimonianze dal campo: Inocencia Fumo, dottoressa mozambicana, e Martha Nyabel, project manager sud sudanese.

    “Se studiamo, possiamo essere quello che vogliamo”

    Inocencia Fumo ha 36 anni, viene da Nampula, nel Nord del Mozambico, ma vive da sedici anni a Beira, dove ha potuto studiare medicina grazie una borsa di studio. Racconta che l’essere donna l’ha aiutata nell’ottenere la borsa, ma poi da giovane dottoressa si è dovuta scontrare con la diffidenza di alcuni pazienti, specialmente uomini anziani, non abituati ad essere visitati da una giovane dottoressa. Un problema che ha risolto con gli anni e l’esperienza. Oggi ha tre figlie e lavora con Medici con l’Africa Cuamm gestendo un progetto di lotta al diabete e all’ipertensione. L’istruzione per lei è la chiave:

    «Alle mie tre figlie dico sempre che l’importante è che vadano a scuola: tutto parte da lì, se siamo istruite, come donne, possiamo andare dove vogliamo, fare ed essere quello che vogliamo. Quando non hanno voglia di andare a scuola, a loro cerco di dimostrare che vado al lavoro anche quando non mi andrebbe, perché ora sto facendo quello per cui ho studiato, quello che ho sempre voluto fare. Vorrei che diventassero donne forti, con pensieri positivi, che non hanno paura di seguire i propri sogni, né di cadere. Perché è dalle cadute che possiamo ripartire. È stato mio padre il primo a incoraggiarmi a studiare. Non erano in molti i padri che la pensavano come lui, ma io sono stata la prima della famiglia a laurearsi e poi si sono laureati anche lui, che oggi è avvocato, e mia madre, che ha studiato matematica».

    “Il mio successo personale”


    Martha Nyabel, sud sudanese dello stato di Jonglei, per tre anni ha lavorato a Nyal, un’area estremamente rurale del Sud Sudan, dove Medici con l’Africa Cuamm ha portato avanti un progetto di emergenza per i rifugiati in fuga dagli scontri e dalla fame. Si è spesa per portare i servizi sanitari all’ultimo miglio, riuscendo anche a costruire una sala operatoria per le emergenze e coordinare diverse cliniche mobili. Orgogliosa del suo successo, racconta:

    «Questo progetto ha migliorato la vita di molte persone, è una vera gioia per la comunità e anche per me. Lo vivo come un successo personale. Sono stati tre anni intensi: il primo anno è stato veramente di fuoco, ogni tanto mi trovavo a pensare “Cosa diavolo sto facendo qui?”, ma anche “Porta pazienza, aspetta”. Ora posso vedere tutti questi sorrisi sul volto della gente, per via del nostro impegno. Mi sono impegnata per portare a termine questo progetto, quindi ora sono felice!».

    Per  diventare infermiera ha dovuto fare un patto con suo padre: avrebbe potuto studiare, se fosse stata in grado di garantire di svolgere i lavori in casa di cui era incaricata. La sera prima preparava il cibo per tutti e si assicurava che ci fosse in casa l’acqua per il giorno dopo, pur di poter andare a scuola. Un carico di lavoro che non era richiesto ai suoi fratelli maschi, ma pazienza e perseveranza sono le sue doti principali. Oggi rivendica: “Essere donna è il più grande regalo che Dio mi abbia fatto”.