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Tanzania-Italia un’esperienza di formazione

Dall’ospedale di Tosamaganga al Maggiore di Bologna, per uno scambio Italia-Africa all’insegna della formazione.

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    Dall’ospedale di Tosamaganga al Maggiore di Bologna, per uno scambio Italia-Africa all’insegna della formazione. Katunzi Muazema è un infermiere tanzaniano, dal 2019 lavora con il team Cuamm ad Iringa sulle NCDs (malattie non trasmissibili). Lo incontriamo in via San Francesco, nella sede del Cuamm, dove è arrivato da qualche giorno in vista della partecipazione all’evento scientifico “La ricerca per una cooperazione sanitaria di qualità” previsto per l’8 giugno a Padova. Tra i contributi nell’agenda di sabato, anche il suo dedicato alla continuità delle cure nei pazienti cronici.

    L’interesse per la cura nasce presto, Katunzi lo ha respirato sin da bambino osservando la dedizione della mamma, infermiera anche lei. Poi ne ha fatto un lavoro, scegliendolo con la maturità di chi vuole rendere un contributo effettivo nella propria comunità. In questi anni, tra attività clinica e attività comunitarie nel distretto di Iringa, Katunzi ha toccato con mano, in prima persona, il crescente impatto delle malattie non trasmissibili nelle aree rurali del paese.

    «Quando abbiamo iniziato, nel 2019, erano pochi i pazienti in cura qui, lontano dalle città. Oggi i numeri sono quintuplicati e ne abbiamo conoscenza grazie al lavoro di prevenzione e agli interventi di screening che effettuiamo all’interno della clinica, ma anche al livello comunitario – dice Katunzi –. La verità è che fino a qualche tempo fa le persone ignoravano l’esistenza delle malattie non trasmissibili e quindi non ne riconoscevano i sintomi».

    La clinica per le NCDs nell’ospedale di Tosamaganga, Tanzania, è stata aperta da Cuamm nel 2019 e Katunzi fa parte del team sin dall’inizio. Assunto appena ottenuta la laurea, non ha mai smesso di dedicarsi ai pazienti cronici. Determinato ad approfondire le conoscenze su queste malattie silenziose, è stato identificato come studente meritevole ad ha così ottenuto una borsa di studio da Fondazione Del Monte di Bologna e Ravenna. Un’opportunità che lo ha condotto fino all’ospedale Maggiore di Bologna, tra i corridoi del reparto di Cardiologia dove ha avuto modo di seguire le attività cliniche del gruppo di lavoro guidato dal primario, il dott. Gianni Casella.

    «Trascorrere una settimana all’ospedale Maggiore di Bologna è stata un’esperienza davvero interessante. L’ospedale è dotato di ogni tipo di strumentazione, l’accesso ai servizi è funzionale e i pazienti sono seguiti con attenzione da personale specializzato. È una cosa che mi ha sorpreso perché nel campo della salute cardiovascolare noi abbiamo ancora molti limiti sebbene in questi anni siano stati fatti enormi progressi».

    Le NCDs, tra cui le malattie cardiovascolari, l’ictus, il cancro, il diabete e le malattie polmonari croniche, sono complessivamente responsabili del 74% di tutti i decessi nel mondo. Più di tre quarti dei decessi globali causati da NCDs si verificano nei Paesi a basso e medio reddito dove i sistemi sanitari sono più fragili e i servizi di prevenzione e screening difficili da garantire. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità sono le malattie cardiovascolari quelle ad avere la maggiore incidenza sui tassi di mortalità con 17,9 milioni di decessi l’anno. Proprio a questo è dedicata la tesi che Katunzi sta finalizzando e che discuterà a settembre per il riconoscimento del suo percorso di studi: una ricerca, condotta nel distretto di Iringa su pazienti con ipertensione per dimostrare come alcuni fattori possono incidere sulla sopravvivenza del paziente e quali eventi clinici e complicazioni sono invece attribuibili ad un maggiore tasso di mortalità.

    «Grazie agli studi, e a questo tempo trascorso a Bologna, ho avuto modo di imparare non solo come fare un ECO e un ECG, ma anche come leggere e interpretare i risultati, penso questo sarà l’aspetto più funzionale al mio lavoro sul campo» ha dichiarato Katunzi.

    Tra poco sarà lui stesso uno dei pochi professionisti sanitari ad avere una formazione specifica in malattie cardiovascolari.

    «Spero di poter continuare ad approfondire gli studi in questo settore, magari con un dottorato di ricerca perché c’è ancora molto da fare nel campo delle malattie non comunicabili neglette».

    La ricerca che Katunzi st terminando può avere un impatto reale se, come spiega lui stesso, si adotta un approccio trasversale alla cura, capace di mettere insieme salute, ricerca e policy-makers. Uno sforzo necessario se si vuole rendere un servizio efficace in un paese, la Tanzania, dove ad oggi si contano appena 15 cardiologi.

    Fondazione del Monte collabora con Medici con l’Africa Cuamm dal 2019. Il sostegno ricevuto ha permesso di supportare l’esperienza di formazione di Katunzi Muazena presso l’ospedale Maggiore di Bologna oltre che due borse di studio per il programma JPO rivolto a specializzandi/e in medicina dell’Università di Bologna.