Medici con l'Africa Cuamm

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Segni di speranza In Sud Sudan

L’ospedale di Lui compie 101 anni! La festa, la gioia, i balli nel racconto di Paolo Franceschi, medico di Milano trapiantato in Sud Sudan, insieme al racconto dei piccoli, ma sempre grandi, risultati che si ottengono giorno dopo giorno.

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    Mi trovo a Lui, in Sud Sudan, da settembre del 2020. Un piccolo ospedale rurale di 115 posti letto, appartenente alla Diocesi episcopale. Medici con l’Africa Cuamm ne detiene la gestione dal 2009. Generalmente, nei resoconti dal campo, si raccontano i problemi, le difficoltà, gli ostacoli che ogni giorno dobbiamo superare in un contesto così povero e difficile. Ma vorrei oggi fare un’eccezione. Voglio raccontare dei semi di speranza che si stanno piantando in questo posto sperduto nel nulla del Sud Sudan.

    L’ospedale di Lui ha 101 anni. I festeggiamenti per il centenario avrebbero dovuto tenersi il dicembre scorso, ma per le restrizioni legate alla pandemia da Covid-19 sono stati rimandati a inizio 2022. Due giorni interi di festa, con centinaia di persone, autorità e gente comune e tutti gli ingredienti: discorsi, preghiere, festeggiamenti e ricordi del medico scozzese (dr Fraser) che fondò l’ospedale. Gioia e speranza nell’avvenire: questo mi hanno trasmesso le tante persone presenti, che nonostante una vita molto difficile, sentono l’ospedale come “proprio” e sanno cogliere i piccoli segnali di cambiamento e di rinascita.

    Come nel caso di due gemellini “microscopici”, nati poche settimane fa. Il loro peso alla nascita era inferiore al chilogrammo! Non hanno ancora un nome. Si aspetta di vedere se ce la faranno. Anche in Italia neonati così sottopeso sono ad alto rischio di gravi complicanze infettive, neurologiche e renali; figuriamoci qui, dove possiamo offrire loro solo ossigeno e calore, oltre naturalmente al nostro affetto. Eppure, ad un mese dalla nascita, sono ancora lì, dolcemente testardi, che ti pare di far loro del male se appena li sfiori. Ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che vengano dichiarati fuori pericolo e quindi dimessi, tuttavia mi pare che la stessa presenza di questi due prematuri sia un forte richiamo che ci aiuta a capire il valore e la bellezza della vita, il suo mistero e nello stesso tempo la sua grande fragilità. Purtroppo non sempre le cose vanno bene, e talvolta capita la tragedia. Il bambino già gravemente sofferente in utero, che muore poco dopo il parto; la bimba già morto in utero all’arrivo in ospedale perché la mamma voleva partorire a casa (come aveva fatto con i suoi due precedenti figli) senza sapere che questa volta la sua piccola che portava in grembo era troppo grande e non perfettamente in asse. Oppure i bimbi che in Pediatria non ce le fanno per via della malaria o di una polmonite, nonostante i farmaci e l’ossigeno. Ma ogni piccola vittoria nel nostro quotidiano lavoro ci offre un buon motivo per andare avanti.

    Ora c’è anche il Covid-19 con cui fare i conti e, certamente, questa pandemia assorbe tempo, energia e risorse umane e finanziarie, ma tutti insieme stiamo cercando di superare ogni difficoltà e continuare nel nostro lavoro, coniugando scienza e umanità, come è anche nello stile di Medici con l’Africa Cuamm. Quello che succede all’ospedale di Lui succede in tutti gli ospedali rurali dei Paesi a basso reddito. Un alternarsi di vittorie e sconfitte, segni di speranza accanto a momenti in cui sembra che nulla vada bene. Eppure si va avanti, con le tante difficoltà, gli imprevisti, le tragedie, i giorni bui. Perché la vita continua, nonostante tutto, ed è quella che ci dà speranza.