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Oltre 1.000 casi al giorno in Uganda In Africa il Covid non si arresta.

Con oltre 1.000 nuovi casi di Covid-19 al giorno, l’Uganda si trova nel mezzo di una nuova e devastante ondata di Covid-19. Ma i casi sono di certo molto di più di quelli che vengono individuati. E mentre negli ospedali l’ossigeno inizia a scarseggiare, le dosi di vaccino sono già esaurite e le prossime arriveranno tra alcune settimane. Per il Cuamm la sfida è sempre più impegnativa.

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    Con oltre 1.000 nuovi casi di Covid-19 al giorno, l’Uganda si trova nel mezzo di una nuova e devastante ondata di Covid-19. È stato proclamato un lockdown di 42 giorni con restrizioni di diverso genere come la chiusura delle scuole, l’impossibilità di viaggiare tra distretti, il divieto ai “boda boda” di muoversi dopo le 18 e ancora, niente feste e ritrovi nelle case, matrimoni ammessi solo con 20 invitati e così via.

    «Nel mese di maggio, l’Uganda è stata colpita da una nuova ondata di Covid-19, i casi stanno aumentando rapidamente e il sistema sanitario è ormai allo stremo, le scorte di ossigeno stanno finendo – spiega Peter Lochoro, rappresentante paese del Cuamm –. In totale, da inizio pandemia, si contano 63.000 casi, di cui la metà solo nel mese di maggio, ora abbiamo 754 persone ricoverate in vari ospedali. I casi giornalieri hanno superato i 1.000, ma i test sono limitati. Siamo sicuri che nelle comunità ci siano molte contagiati e morti che non vengono denunciati. Ogni giorno sentiamo parlare di un collega stretto o di un parente che muore di Covid-19. I giovani sono la fascia d’età più colpita, essendo i più mobili. Questa incremento dei casi ha fatto sì che più persone siano disposte a farsi vaccinare, ma ora i vaccini sono esauriti e le prossime dosi, solo 100.000, arriveranno tra 2 settimane. Le industrie militari hanno promesso di fornire ossigeno agli ospedali, ma non siamo sicuri che sarà sufficiente. Ci aspettiamo un blocco più stretto molto presto e non sappiamo come questo impatterà sul nostro lavoro. Per ora le nostre squadre stanno ancora lavorando, anche se l’insicurezza in Karamoja è un altro motivo di forte preoccupazione….».

    Una situazione che accomuna l’Uganda ad altri 13 paesi dell’Africa dove si registra un sostanzioso aumento dei casi e la diffusione di tutte le varianti esistenti, a fronte di meno dell’1% della popolazione vaccinata. Quando invece in Europa, per esempio, circa il 40% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino.

    E Giovanni Dall’Oglio, medico Cuamm responsabile dell’intervento di Salute pubblica nella regione dell’Oyam afferma: «Ci aspettavamo che, prima o poi, il Covid scoppiasse anche qui. Ora il tasso di positività è al 17,2% dei test effettuati, anche se bisogna considerare che i test sono davvero pochissimi. La mortalità è bassa, (434 morti in un anno) anche perché la popolazione è molto giovane: il 72% della popolazione ugandese ha meno di 25 anni e il 48% ne ha meno di 15. Il lockdown stabilito potrà essere d’aiuto. Il virus sta circolando e si sta diffondendo specie nelle scuole dove i ragazzi sono ammassati nelle aule e non possono stare fuori perché è molto caldo. Speriamo che queste restrizioni aiutino ad adottare comportamenti più idonei. A indossare sempre la mascherina, a mantenere le distanze. Ora c’è la grande sfida dei vaccini, perché una cosa è certa: anche qui come in Italia fino a che non ci saranno vaccini sufficienti, il virus circolerà e la pandemia non si fermerà. All’inizio, a causa della circolazione di tante fake news, la resistenza al vaccino era molto alta. Ora invece con questo aumento dei casi si assiste a una corsa ai vaccini, che sono già terminati. Come Medici con l’Africa Cuamm siamo un punto di riferimento contro il Covid qui in Oyam, abbiamo sempre cercato di dare il buon esempio e continueremo a impegnarci anche di fronte a queste nuove sfide».

    Sfide che si fanno sempre più difficili perché le dosi scarseggiano, perché i sistemi sanitari sono tropo fragili per organizzare autonomamente una distribuzione capillare e veloce. Capitano così casi come il Sud Sudan, o il Mali e il Congo, che hanno dovuto restituire grandi quantità di vaccini perché in scadenza.

    È proprio quello su cui il Cuamm vuole impegnarsi: essere sicuri che questi pochi vaccini arrivino davvero a destinazione, a tutta la popolazione, senza perderne nessuno.

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