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Mary l’infermiera di Rhino Camp «In cinque anni il doppio dei pazienti»

Mary Aguparu lavora come infermiera nel centro di salute di Siripi, a capo di un team che dal 2013 è passato da 9 a 39 persone, per rispondere ai bisogni di salute della popolazione raddoppiata.

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    Sorride Mary mostra i numeri degli indicatori sanitari, scritti a mano con il pennarello sui cartelloni appesi ai muri del centro di salute che dirige a Siripi, all’interno di Rhino Camp, un’ora di strada sterrata da Arua, Uganda.
    Nel foglio più in alto sulla parete ci sono i numeri della popolazione che si rivolge al centro: 8.369 ugandesi e 7.597 sud sudanesi rifugiati, tutti arrivati dopo il 2013.

    Nonostante il sorriso, Mary è consapevole dei bisogni enormi della popolazione e del suo centro di salute e li elenca prontamente: «Ci servirebbe un microscopio nuovo per le analisi di laboratorio, ma anche zanzariere per le donne incinte e per i bambini. Adesso che è la stagione delle piogge le zanzare aumentano e con loro la malaria. E poi bisogna vaccinare i bambini, che sempre per colpa delle piogge e dei trasporti complicati spesso non vengono portati qui nel centro di salute».

    L’accesso alle cure è un problema concreto in questa parte dell’Uganda, che ha basi culturali e che spesso accomuna rifugiati e residenti:

    «Nella nostra cultura, per esempio – spiega Mary – le donne non sono sostenute dalla comunità, neanche quando aspettano un bambino. Abbiamo già tra gli ugandesi il problema dei parti in casa, perché spesso le famiglie vivono troppo lontano dal centro di salute e gli uomini non ritengono indispensabile accompagnare le loro mogli a partorire in struttura, ma ovviamente le complicanze sono dietro l’angolo. Pensate cosa può succedere con le famiglie di sud sudanesi, dove le donne sono per lo più senza marito e quando devono partorire non hanno nessuno che si prenda cura di loro».

    La cultura, che spesso unisce più che dividere gli ugandesi e i sud sudanesi che quasi per caso si sono trovati a coabitare in questa parte d’Africa, aiuta anche l’integrazione.

    «Spesso abbiamo abitudini simili – spiega Mary – e ci si trova a condividere riti e tradizioni. Per questo qui la gente vive in pace: si riconoscono i punti in comune, non ci si concentra sulle differenze. Solo i bambini bisticciano a scuola, come tutti i bambini del mondo. E lo sapete il motivo di questa armonia? Vent’anni fa erano gli ugandesi a fuggire da queste terre per rifugiarsi in Sud Sudan. Siamo tutti esseri umani, non lo dimentichiamo in questi momenti».

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