Medici con l'Africa Cuamm

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Lontani, vicini Missione in Etiopia

Con Fabio e Marica, attraversando realtà tanto lontane, eppure rese vicine dalla dedizione e dall’impegno di tanti.

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    Aeroporto di Addis Abeba, Etiopia, chilometro 0

    Il vento porta echi sfilacciati di musica tradizionale, mescolata al cinguettio di minuscoli uccelli. La città del “nuovo fiore”, come è chiamata in amarico, si sveglia. La chiesa ortodossa si trova a pochi passi e da lì provengono voci in preghiera. Sta iniziando la nostra missione. Prima tappa in coordinamento, dove incontriamo Riccardo, country manager, Cristina, responsabile amministrativa, Ademe, coordinatore programmi. Insieme ci focalizziamo sui progetti che sono in corso in Tigray e in Amhara, finanziati dall’Unione europea (Echo) e da Who. Il nostro è un lavoro di pianificazione, propedeutico e funzionale a tutto il resto.

    Ospedale St. Luke, Wolisso, chilometro 120

    Nonostante le mille difficoltà, l’ospedale San Luca di Wolisso, a Sud-Ovest della capitale, è un orgoglio del Cuamm. In tanti anni è stata costruita una realtà che ancora resiste, consente di essere presenti in un’area fragile e di entrare con un intervento qualificato nella Nicu, l’unità di terapia intensiva neonatale, dove vivono bambini appesi ad un filo. Ecco il significato di tutti i nostri report, delle carte, dei documenti, del nostro impegno. L’ospedale ha compiuto da poco 20 anni di attività… quanti pazienti sono stati curati qui! E anche oggi tutti i reparti sono pieni. Due giorni fa è arrivata una donna con emorragia post parto e, nonostante le cure prontissime, non ce l’ha fatta. Causa maggiore resta, ancora una volta, il ritardo per la distanza da dove la mamma ha partorito all’ospedale. Spazi immensi di colline e strade sterrate appena percorribili. In un contesto così, la casa di attesa resta l’unico presidio per ridurre il rischio. E intanto il personale e il management dell’ospedale continuano le proprie fatiche quotidiane per garantire l’accessibilità alle cure tra infinite difficoltà, come la scarsità di farmaci e la corrente che va e viene, spesso con malfunzionamenti degli apparecchi medicali.

    Oggi tocchiamo con mano l’Africa che aiuta l’Africa. In occasione di un workshop con tutto lo staff Cuamm, conosciamo i programme manager etiopi: Tessau, Berhanu e Mary, unica donna, che gestiscono alcuni progetti nel Nord del Paese. Si tratta di personale locale che ricopre un ruolo di responsabilità, con cui collaboriamo da tempo. Al meeting partecipa tutto lo staff Cuamm, composto da 60 persone. Si percepisce il cambiamento nel modo di fare cooperazione, con un’Africa che sostiene l’Africa: i colleghi etiopi sono veri professionisti, laureati in scienze sanitarie, con master, PhD in salute pubblica e competenze che offrono al proprio Paese. Il nostro accompagnarli è sostenibile, perché presto cammineranno da soli.

    Jijiga, Somali Region, chilometro 600

    Un aereo ci porta nel Sud dell’Etiopia per una missione lampo. Ci aspetta Abdissa, capo progetto. Qui operiamo dal 2020; grazie al sostegno della Fondazione Trevisanato, abbiamo assicurato il funzionamento del centro di salute con l’invio di personale e cliniche mobili. Poi, l’intervento si è esteso ad altri due distretti, con il supporto di Aics. Il territorio è molto arido, la popolazione nomade e sono tantissimi i rifugiati che provengono dalla Somalia.

    Dharwanaaji, Woreda, chilometro 665

    Dal capoluogo Jijiga, percorrendo 65 chilometri di sterrato, raggiungiamo proprio il centro di salute di Dharwanaaji nella Woreda di Hawara, abitata da 130.000 persone. La Woreda conta solo due centri sanitari e 20 health post. Sul percorso intercettiamo mandrie di cammelli, mucche e pecore al pascolo che l’autista schiva abilmente mentre attraversano la strada. Intravediamo donne, coperte dal velo islamico, che camminano con pesanti taniche in mano. L’acqua è la risorsa più preziosa: scavare un pozzo può costare 300.000 euro.

    Gambella, chilometro 710

    Siamo al centro rifugiati della città. Il responsabile ci fa notare che oltre ai profughi sud sudanesi si aggiungono anche nomadi di altri Paesi africani che non passano dalla registrazione Unhcr, ma che vengono comunque assistiti. Non possiamo lasciarli soli. Poco più tardi, una parentesi di serenità: un gruppo di donne ci invita a partecipare al “tea-talk”, il rito del tè, che sorseggiamo, bollente, accompagnato da una manciata di “kolo”, misto di granaglie tostate a base di orzo. Sono mamme queste, che ci donano un dolce canto di ringraziamento per quanto il Cuamm sta facendo per loro e per i loro figli.

    Ci spostiamo all’ospedale generale, dove proviamo dolore. Qui il problema principale per i casi gravi, che vengono trasferiti anche a 8 ore di distanza fuori dalla regione, è la mancanza di sangue. Purtroppo la Banca regionale del sangue non ha risorse per attivare campagne di sensibilizzazione sull’importanza delle trasfusioni. Con i rifugiati la popolazione è arrivata ad un milione di abitanti. Uno dei pazienti è un piccolo profugo di soli 10 anni che non risponde alla terapia, in coma per una meningite. Il medico decide per il trasferimento… 8 ore di viaggio su strade impervie per un bambino in coma e con attacchi convulsivi. Un percorso ad ostacoli che gli costerà la vita.

    È la fine della missione, si torna a casa: i tetti di lamiera sparsi tra una collina e l’altra riflettono la luce del sole, come in un caleidoscopio, espressione delle nostre emozioni contrastanti. Intravediamo la pianura desertica e ci appare più chiaro come quelle infinite distanze siano, in fondo, tutte collegate da piccole strisce di terra rossa. Che non smetteremo di percorrere, con l’aiuto di tutti.

     

    Fabio Manenti è medico chirurgo e responsabile progetti, Marica Pilon è Ethiopia Project Desk Officer per Medici con l’Africa Cuamm.

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