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Giovani e ricerca: per un futuro senza Hiv

Una nuova ricerca dell’Università degli Studi di Firenze, in collaborazione con il Cuamm, mira a coinvolgere adolescenti e giovani adulti Hiv positivi per fornire informazioni aggiornate alle autorità sanitarie della regione di Shinyanga e rafforzare il sistema sanitario e i servizi per l’Hiv.

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    Fornire alle autorità sanitarie locali informazioni aggiornate su adolescenti e giovani adulti Hiv positivi per rafforzare il sistema sanitario, in particolare i servizi per l’Hiv. È questo l’obiettivo generale della ricerca che l’Università degli Studi di Firenze sta realizzando in collaborazione con il Cuamm nella regione di Shinyanga, in Tanzania, nell’ambito del progetto “Migliorare lo stato di salute e benessere degli adolescenti e dei giovani adulti affetti da Hiv”, finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. I centri di cura e trattamento coinvolti sono tre: il centro di salute di Bugisi, l’ospedale regionale di Shinyanga e il centro di salute di Ngokolo.

    Lo studio analizzerà le barriere di accesso ai servizi per l’Hiv per gli adolescenti e i giovani adulti che convivono con la malattia, disaggregati per sesso e fascia d’età, ed esplorerà il loro stato psicofisico. Particolare attenzione sarà rivolta ad indagare l’impatto del Covid-19 sia sull’accesso ai servizi per l’Hiv sia sulla salute mentale degli adolescenti e dei giovani adulti Hiv+.

    «La ricerca è essenziale per orientare il nostro modo di agire e per prendere decisioni informate. Gli adolescenti e i giovani adulti si trovano in una fase di vita di vulnerabilità. Nel tentativo di garantire il raggiungimento degli obiettivi 95-95-95 di Unaids, stiamo conducendo uno studio con metodi misti per indagare le barriere all’accesso e all’utilizzo dei servizi per l’Hiv tra gli adolescenti e i giovani adulti Hiv+ della regione di Shinyanga e per valutare il loro stato di salute mentale. Il nostro studio mira anche ad analizzare l’impatto del Covid-19 sul loro benessere e i segni che ha lasciato sulla sanità pubblica», afferma Constantine Ntanguligwa, medico del Cuamm e ricercatore principale dello studio.

    Per la raccolta dei dati vengono utilizzati metodi misti, qualitativi e quantitativi. In particolare, saranno condotti un questionario a risposta chiusa, discussioni di gruppo e interviste approfondite. Inoltre, saranno analizzati i dati relativi all’aderenza e all’accesso ai servizi per l’Hiv provenienti dal registro delle strutture sanitarie coinvolte, per confrontare la situazione prima e durante la pandemia di Covid-19.

    «Lavorare con gli adolescenti, in particolare quelli tra i 10 e i 14 anni, richiede attenzione e delicatezza. Molti di loro non sono pienamente consapevoli di cosa sia l’Hiv, anche se sono in trattamento quotidiano. Alcuni di loro devono affrontare lo stigma a scuola e all’interno della comunità per la loro condizione di sieropositività. Inoltre, le sfide della salute mentale non sono da sottovalutare e dovrebbero essere sempre più considerate come questioni chiave da affrontare – sostiene Chiara Didonè, responsabile del progetto per il Cuamm a Shinyanga –. Questo aspetto deve essere tenuto in considerazione quando si delineano le interviste e si formulano le domande. È proprio per questo che abbiamo scelto giovani medici che ci supportino in questa fase, per mettere a proprio agio gli adolescenti».

    Se vogliamo immaginare un futuro senza Hiv, dobbiamo assolutamente partire dagli adolescenti e dai giovani adulti, ascoltandoli e facendoli sentire parte attiva di questo percorso.

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