Diagnosi, terapie e risorse i mezzi che salvano
La testimonianza di Alessio Tabuso, Jpo nella Repubblica Centrafricana, racconta la storia di Bethel, bimbo di due anni che ha dovuto viaggiare fino alla capitale per ricevere le cure necessarie

Arriva dal cuore di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, la storia di Bethel, piccolo paziente di appena due anni assistito dal nostro team al centro ospedaliero pediatrico Chupb. A raccontarcela è Alessio Tabuso, Jpo in pediatria che da circa tre mesi presta servizio nell’ospedale della capitale.
Lo sentiamo un venerdì in una breve pausa che prova a ritagliarsi. É un giorno particolare allo Chupb dove è arrivato un neonatologo da Dakar per delle lezioni di formazione. Un’occasione che nessuno vuole perdere, né medici né infermieri e che quindi, svuota i reparti.
«I pazienti sono moltissimi, sia in pediatria che in terapia intensiva e il personale qui è sempre troppo poco. Questa è una bella occasione per lo staff ma qualcuno deve vigilare. Insomma, anche oggi si corre, siamo abituati!».
Nel raccontarci questa storia di cura, Alessio parte dall’epilogo. Un po’ perché insolito e non affatto scontato, un po’ perché oggi l’emozione è tornata forte. Ci dice infatti di aver incontrato Bethel proprio questa mattina, nei corridoi dello Chupb.
«Ero in corridoio per il giro visite. Ho sentito una donna che mi chiamava e quando mi sono girato ho visto Bethel corrermi incontro mentre la mamma mi sorrideva da lontano. La prima cosa che ho pensato? Il piccolo ci vede!».
Un racconto che parte da un abbraccio ma che svela le numerose difficoltà di cura nella Repubblica Centrafricana dove ogni giorno si fanno i conti con difficoltà diagnostiche, mancanza di strumenti di cura, assenza di medicinali e risorse umane insufficienti e poco qualificate. Elementi che in questo Paese, oggi tra i peggiori secondo l’indice di sviluppo umano, rendono la salute e l’accesso alle cure ancora una corsa ad ostacoli.
Quando era arrivato in ospedale, Bethel aveva febbre e vomito. Non smetteva di piangere. Dopo qualche domanda, i medici capiscono che era già stato visitato in un centro di salute periferico, quello di Picola Barbi qualche decina di chilometri dalla capitale. Il personale sanitario aveva provato a curarlo per giorni con antibiotici ad ampio spettro e farmaci antimalarici, senza alcun risultato.
«Davanti a sintomi aspecifici comuni a molte malattie, si procede come si può, con quello che si ha. Fare una corretta diagnosi è difficile ma nel frattempo il tempo passa e il rischio che la situazione clinica peggiori si fa più alto». Ha detto Alessio.
E così è stato per il piccolo Bethel, traferito allo Chupb solo dopo una settimana di cure inefficaci.
«Quando è arrivato da noi, il suo corpo aveva già perso tono e il piccolo non era vigile. Tenerlo tra le braccia era come tenere una bambola di pezza».
L’alterazione dello stato di coscienza, associata ad una febbre persistente, è una condizione spesso riconducibile ad una meningite tubercolare. Una forma molto grave di Tb che purtroppo, a causa di difficoltà diagnostiche e assenza di cure tempestive, si sviluppa soprattutto nei bambini, che oltre a trovarsi in pericolo di vita rischiano di portarne le conseguenze a lungo termine, come i danni alla vista. All’arrivo in ospedale, i medici vengono informati di due episodi di convulsioni e iniziano subito una terapia antibiotica mentre prescrivono una serie di esami per poter escludere l’ipotesi peggiore.
«La meningite tubercolare è un’infezione del sistema nervoso centrale che colpisce soprattutto i bambini e che purtroppo può avere delle conseguenze drammatiche. Identificare in tempo il batterio ed avviare la giusta terapia è fondamentale per evitare paralisi e coma e quindi prevenire il decesso» spiega Alessio.
Per poter confermare o escludere il sospetto, i medici eseguono un test molecolare di ultima generazione: il GeneXpert. Uno strumento a cui, inutile dirlo, è possibile ricorrere solo in capitale. I risultati confermano la presenza di Mycobacterium tuberculosis nel liquido gastrico e la situazione del piccolo paziente peggiora drasticamente nelle ore successive.
Bethel ha una crisi epilettica prolungata, i medici notano segni di aumento della pressione intracranica, e la situazione precipita quando gli esami del sangue rivelano livelli eccessivamente bassi di sodio nel sangue (iposodemia grave). È necessario intervenire ma bisogna farlo gradualmente per evitare che sia il trattamento stesso a causare danni neurologici. Il team quindi predispone una terapia che somministra in modo graduale per giorni.
Giorni lunghi, di attesa, in cui la vita di Bathel rimane appesa ad un filo.
«Il piccolo si è ripreso dopo circa una decina di giorni di trattamento intensivo. Quando lo abbiamo dimesso era in buone condizioni generali ma sarebbe dovuto tornare, nei giorni successivi, per i controlli. – spiega Alessio – purtroppo spesso le famiglie non hanno i mezzi per sostenere gli spostamenti e non ho più visto Bethel fino a questa mattina quando, inaspettatamente, mi è corso incontro. Il piccolo stava bene, mi vedeva!».
Bethel è salvo grazie ad un sistema di cure che gli ha permesso di ricevere le attenzioni e le terapie di cui aveva bisogno all’interno dell’unica struttura pediatrica di terzo livello del Paese. I controlli, a cui poi si è sottoposto, hanno escluso anche i danni alla vista. Allo Chupb, il lavoro del Cuamm procede senza sosta diviso tra la pediatria e la terapia intensiva, per garantire cure a tanti bambini come Bethel. Il nostro impegno è reso possibile anche dal supporto dell’Unione Europea.
I contenuti sono di sola responsabilità di Medici con l’Africa Cuamm e non riflettono necessariamente la visione dell’Unione Europea.