Aberash, missione compiuta
Alessandro Greblo è capo progetto di Medici con l’Africa Cuamm nell’area di Wolisso, in Etiopia. Proteggere le mamme e i bambini, anche a bordo di un’ambulanza che corre su strade sterrate, è la sua missione (e nella storia che racconta, la sua è una missione compiuta)
Martedì 24 maggio, le 3.20 (ora etiope), le 9.20 del mattino secondo il mio orologio. L’ospedale riceve la chiamata al nostro “numero verde” del servizio ambulanze per donne in attesa: la segnalazione viene dal villaggio di Maru Baballi, a mezz’ora circa di strada da Wolisso, dove una donna sta per partorire.
Ato Yamana, autista esperto che da anni collabora con il Cuamm all’ospedale di Wolisso per garantire questo servizio di trasporto gratuito, oggi è di turno e si prepara alla “missione”. Dopo cinque minuti dalla chiamata siamo in strada in direzione di Maru per cercare la futura madre e riferirla al centro sanitario più vicino, Dilella, per una prima visita: se sarà necessario, in caso di parto a rischio, la porteremo in ospedale.
Dopo venti minuti tagliamo per la strada sterrata; poco dopo un uomo ci fa segno di svoltare a destra in mezzo ai campi. Ancora qualche minuto e scorgiamo finalmente tre figure sulla strada. Una di queste scopriamo poi essere Aberash, di 22 anni alla terza gravidanza, accompagnata dalla mamma e dal marito. Sembra affaticata, ma non dolorante, per quanto il livello di sopportazione del dolore qui abbia altre soglie rispetto al nostro. La carichiamo in fretta sull’ambulanza e ripartiamo alla volta del centro di salute di Dilella.
Altri dieci minuti di viaggio, qualche sballottamento e arriviamo a destinazione, dove troviamo l’ostetrica e il clinical officer che visiteranno Aberash. Resto con il marito, cercando di distrarlo chiedendogli degli altri figli e se per caso avevano già scelto un nome per quest’ultimo. Non considero che non possono già conoscere il sesso…Dopo qualche minuto di attesa, ci fanno sapere che il responso della visita ad Aberash è rassicurante: non sembrano esserci complicazioni e quindi il parto può avvenire al centro di salute senza necessità di un riferimento all’ospedale; secondo il sistema sanitario etiope infatti solo i parti a rischio vanno gestiti dalle strutture ospedaliere.
Io e Ato Yamane, l’autista, possiamo rientrare all’ospedale, entrambi soddisfatti. Non so a cosa lui stia pensando, ma per quanto mi riguarda sono curioso di sapere come si chiamerà il nascituro. Per il momento: “missione compiuta”!
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