Medici con l'Africa Cuamm

la salute è un diritto,
battersi per il suo rispetto
è un dovere
DONA ORA Il tuo aiuto può fare la differenza

MIGRAZIONE, ACCOGLIENZA E SALUTE L’ESEMPIO VIRTUOSO DELLA PUGLIA

Si è tenuta ieri mattina una tavola rotonda proposta da Medici con l’Africa Cuamm, in collaborazione con la Regione Puglia e l’Università di Bari, per discutere dell’attuale situazione dei flussi migratori nel Mediterraneo e in Puglia e raccontare buone pratiche di accoglienza.

Condividi con i tuoi amici:

    Padova, 8 giugno 2023 – Si è tenuta ieri mattina, nella Sala di Jeso presso il Palazzo della Presidenza della Regione Puglia, la tavola rotonda dal titolo “Flussi migratori, modelli di accoglienza e servizi sanitari” organizzata da Medici con l’Africa Cuamm in collaborazione con la Regione Puglia e l’Università di Bari, per discutere l’attuale situazione dei flussi migratori nel mondo, nel Mediterraneo e in Puglia. Al centro del confronto, il modello di accoglienza sviluppato dalla Regione e il contributo dato da Medici con l’Africa Cuamm Bari, insieme all’Università di Bari, riconosciuto lo scorso marzo dall’Oms come una delle 49 best practice nel campo della promozione della salute delle popolazioni migranti e rifugiate.

    «La Regione Puglia – ha dichiarato il presidente Michele Emiliano in collegamento – ha sempre considerato le persone come tali e interpretato il diritto alla salute come diritto universale. Per questo riconosciamo la responsabilità delle istituzioni nell’accompagnare, sostenere e valorizzare le realtà del terzo perché il principio di sussidiarietà funziona a condizione che le istituzioni sappiano cosa fare, come operare, come approfittare di questo patrimonio dato dalle attività delle associazioni che ci aiutano tutti i giorni a gestire al meglio le persone».

    «Attraverso il compendium – ha spiegato il Dott. Santino Severoni, direttore del programma globale di salute e migrazione Oms nel corso dell’incontro – intendevamo individuare, documentare e analizzare interventi adottati su scala locale, per proporli come esperienze replicabili perché le necessità, anche se i contesti sono globali e hanno manifestazioni loco-regionali, sono spesso le medesime. Questo oggi è possibile perché stiamo assistendo a una fase di transizione in cui i settori sanitari e i ministeri stessi riconoscono un ruolo di responsabilità diretto sulla gestione dei flussi migratori che chiama in causa una questione di equità ma anche di interesse di salute pubblica».

    Il riconoscimento dell’Oms sottolinea il valore aggiunto della collaborazione tra la Regione Puglia, la clinica di Malattie Infettive e Tropicali dell’Università di Bari Aldo Moro e il Cuamm Bari che ha permesso di aumentare l’efficacia dei servizi erogati negli insediamenti informali del territorio attraverso una stretta sinergia e l’adozione di interventi integrati.

    «Oggi stiamo celebrando un modello integrato che parte dalle attività delle istituzioni, quindi dalla Regione Puglia, in collaborazione con il Cuamm e con l’Università di Bari – è il commento dell’assessora Rosa Barone – Il fatto che l’Oms a marzo scorso abbia voluto premiare il modello integrato presente nei ghetti, soprattutto nel periodo della pandemia, rappresenta un orgoglio per la Regione. L’azione a più livelli è l’unico modo per poter dare soluzioni alle persone che arrivano in Italia e vivono situazioni di difficoltà».

    «L’iniziativa di oggi vede coinvolte importanti istituzioni come l’Università, il volontariato e la Regione Puglia, operanti in un contesto molto serio che è quello dell’accoglienza per i minori e per gli immigrati – ha detto l’assessore Rocco Palese -. La Puglia ha una grande tradizione di accoglienza essendo regione di frontiera, avamposto all’interno del Mediterraneo».

    Ed è proprio questa sinergia ad aver permesso, nel 2015, di avviare un lavoro che contribuisse a rispondere ai bisogni sanitari della popolazione migrante e rifugiata delle province di Foggia e Bari, popolazione che vive in condizioni igienico-sanitarie precarie, senza acqua corrente né elettricità, lontana dai servizi alla persona, in condizione di estrema marginalizzazione sociale.

    «Il Gran Ghetto e il ghetto di Borgo Mezzanone, dove si è concentrato l’intervento, sono aree para urbane, luoghi sconosciuti nati per prossimità ai campi dove la maggior parte della popolazione migrante e rifugiata è impiegata come forza lavoro all’interno di un sistema di sfruttamento che è quello ben noto del caporalato. Sono zone dove è facile allestire una baracca e stanziarsi seppure in totale assenza di acqua, corrente elettrica e servizi igienici di base – ha detto Lucia Raho, coordinatrice medica del progetto Cuamm in Puglia –. Qui vengono meno i primi determinanti sul piano della salute, per questo siamo intervenuti: per accorciare le distanze tra le istituzioni e i servizi».

    Nel corso dell’incontro, è intervenuta anche Barbara Siclari – Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con un contributo circa la nuova programmazione comunitaria del FAMI- Fondo asilo migrazione e immigrazione.

    «Per la prima volta il FAMI vedrà nuove regole, si applicheranno regole molto più simili a fondi strutturali ed in particolar modo i cittadini di paesi terzi, dei quali ci occupiamo, potranno beneficiari di una serie di interventi finanziati da una parte con l’FSE+ e dall’altra con il FAMI» ha dichiarato la Dott.ssa Siclari aggiungendo «per la dg nell’ottica del principio di sussidiarietà orizzontale e verticale, le regioni sono un interlocutore di carattere privilegiato e molto importante, insieme alle realtà del terzo settore, le parti sociali e il mondo del volontariato».

    A sottolineare il ruolo dell’Università, spiegando il contributo fondamentale apportato a supporto della salute delle popolazioni migranti e rifugiate della provincia di Bari e Foggia, la Dott.ssa Annalisa Saracino- Direttrice della scuola di specializzazione di malattie infettive e tropicali dell’Uniba che ha posto l’attenzione sul ruolo della scuola di specialità e sulla necessità di riconoscere il carattere altamente professionale di questo tipo di interventi che, ha dichiarato la Dottoressa, non sono un’opera caritatevole:

    «dobbiamo iniziare a riconoscere il volontariato non come un’opera caritatevole, assistenziale ma come un approccio professionale e questo deve essere fatto dall’università e dalla scuola di specializzazione. Lo stiamo già facendo con Medici con l’Africa e con altri progetti in cui procediamo in modo sistematico, facendo uno studio del contesto in cui si opera, raccogliere dati, analizzarli e produrre scientificamente su quei dati. Questo vuole dire non andare a fare un atto di carità ma entrare in un contatto dinamico e di alta professionalità con i colleghi che lavorano in quei contesti».

    In chiusura, a portare la voce della sede centrale del Cuamm, da Padova, Giovanni Putoto, responsabile della programmazione per Medici con l’Africa Cuamm, che ha sottolineato:

    «Il nostro intervento, come Cuamm, deve sempre seguire dei criteri ben precisi: il primo è quello dei bisogni. Dobbiamo individuare i bisogni reali delle persone e strutturare una risposta. In Africa il bisogno primario riguarda le donne e i bambini, qui riguarda la popolazione migrante e rifugiata. Il secondo criterio è quello delle competenze che devono rinnovarsi e aggiornarsi. Il terzo criterio, fondamentale, è quello delle evidenze che devono aiutarci a rispondere a domande quali: “stiamo facendo qualcosa di efficace? Possiamo trasferire questo intervento in un contesto simile?”. L’esperienza in Puglia è stata determinante anche in questo, nel fornire una metrica che ha permesso di realizzare uno spin-off di questo intervento anche in Mozambico».

     

    LEGGI IL COMPENDIO